L’Europa impara la tolleranza
Tra le tante ricorrenze che il 2018 ha promesso, sin dal suo esordio, ritroviamo senz’altro il trecentosettantesimo anniversario della Pace di Westfalia (400 anni dall’inizio della guerra, 1618-1648), firmata con animo largamente perturbato dai vincitori della guerra dei 30 anni e destinata a segnare da una parte la nascita della conformazione moderna degli stati europei, dall’altra la fine dell’ultimo grande conflitto generato a partire da questioni religiose. Con la guerra dei 30 anni l’Europa cambia volto, per acquistare la somatica e le fattezze che grossomodo l’accompagneranno sino ai giorni nostri; vengono demarcati confini e perimetri, non solo territoriali, ma anche culturali e religiosi.
A quattro secoli di distanza geo-storica, volgiamo lo sguardo al passato ricordandone i momenti salienti, vincitori e vinti in uno dei conflitti più sanguinosi, ma che insegnò alle genti europee la tolleranza.
Coordinate storiche: l’antefatto
Le cause principali che provocarono, all’esordio dell’epoca moderna, il conflitto dei 30 anni vanno ricercate nelle condizioni che accompagnarono la riforma luterana al principio del XVI secolo e la pace di Augusta del 1555. A tali presupposti vanno aggiunte, ovviamente, altre ragioni di ordine politico, sociale e nazionale.
La riforma protestante avvenuta durante i primi anni del 1500, in seno al Sacro Romano Impero, aveva spinto molti principi tedeschi alla conversione, i quali confluirono tutti nella cosiddetta Lega di Smalcalda, politicamente e religiosamente contrapposta ai principi cattolici dell’imperatore Carlo V desideroso di ripristinare l’antico ideale di impero sotto un’unica veste religiosa.
La struttura politica del Sacro Romano Impero prevedeva, infatti, un imperatore definito primus inter pares, a demarcare il passato tradizionale romano, ed una Dieta (Reichstag) di Principi a capo dei vari distretti territoriali (Länder) che fungevano da organo politico in costante dialettica con le decisioni dell’imperatore.
Proprio la suddetta Pace di Augusta fu l’amaro compromesso che l’imperatore dovette sottoscrivere per riportare la pace nel suo impero sempre più frazionato dalle rivendicazioni protestanti dei principi di orientamento protestante, che rivendicavano nelle loro circoscrizioni territoriali la libertà di imporre il loro culto. Constatata l’impossibilità di averla vinta militarmente e di imporre così il suo ideale di religione unica, Carlo d’Asburgo si vide costretto a dover riconoscere la presenza della religione luterana nel suo Impero.
Cuius regio eius religio
Durante la Dieta di Augusta che ne conseguì, si stabilì che le due religioni (cattolica e protestante) avrebbero convissuto pariteticamente all’interno dell’Impero; il principio fu quello del ‘Cuius regio, eius religio’, che non sta ad indicare la libertà di coscienza, ma l’imposizione da parte del principe della propria confessione all’insieme dei sudditi; il territorio assumeva la religione imposta dal proprio principe. Da quel momento in poi, appartenenza politica e religiosa sarebbero coincise. Il compromesso raggiunto fu tuttavia fragile ed instabile; ben presto si sarebbe diffuso a macchia d’olio un altro credo che avrebbe destabilizzato la condizione europea: il calvinismo; ed anche in Francia i conflitti religiosi contemporanei si risolsero solo provvisoriamente e con una soluzione di fortuna (Editto di Nantes, 1598).
A ciò va aggiunta anche la precaria condizione del Sacro Romano Impero, una struttura politicamente anacronistica rispetto alle moderne costruzioni Statali accentrate dell’epoca; profonda era anche la rivalità tra la monarchia francese e la casata degli Asburgo i cui rappresentati erano stati, di volta in volta, regnanti in Spagna e nell’Impero.
Prospettiva europea
Da un punto di vista internazionale, anche al di fuori dei confini territoriali dell’impero, gli equilibri sembravano cedere progressivamente la loro stabilità. In Francia una profonda guerra civile prima e la guerra dei tre Enrichi poi, gettarono scompiglio su tutto il territorio; alla morte di Enrico IV fu poi effettivamente il cardinale Richelieu a regnare in qualità di portavoce del successore ancora troppo giovane, e dunque vero arbitro del destino francese.
La monarchia spagnola stava lentamente uscendo dal Siglo de Oro, avviandosi verso un irreparabile declino che sarà confermato proprio dagli esiti della guerra dei 30 anni. Dalle Indie Occidentali non giungevano più metalli preziosi come un tempo e l’intransigenza cattolica del Re Filippo II provocò non pochi malcontenti sul fronte della politica interna. Tutto ciò fu poi reso ancor più critico dalla rivolta dei Paesi Bassi che si ribellarono all’oppressione spagnola nel 1568.
Sul fronte settentrionale del continente Europeo, un altro grande conflitto stava generandosi tra Svezia e Danimarca per il controllo e l’egemonia completa su tutto il Baltico.
Casus belli e prime fasi del conflitto
Le tensioni sono alte in Europa già a partire dagli ultimi decenni del 1500, la maggior parte delle potenze nello scacchiere sta aspettando l’occasione propizia per poter sferrare l’attacco e formare le rispettive alleanze. L’occasione fu offerta dalla cosiddetta defenestrazione di Praga (la terza in particolare, nel 1618). Il regno di Boemia era governato dagli Asburgo e quindi parte integrante del Sacro Romano Impero a partire dal 1526, governato cioè da uno dei tanti principi elettori della Dieta Imperiale; il successore di Rudolfo II, fautore di una politica delle libertà religiose, fu suo figlio Mattia che abdicò in favore del cugino Ferdinando II re di Boemia. Alla libertà rudolfina, Ferdinando, di profonda formazione gesuita e solidale con la Controrifroma, oppose un ritorno estremo al fondamentalismo cattolico; a causa di ciò alcuni rappresentanti imperiali furono gettati fuori dal Castello di Praga da parte degli aristocratici locali.
Si inaugura così la fase Boema della guerra che vede la Santa Lega Cattolica, supportata dall’esercito spagnolo, trionfare vertiginosamente contro i ribelli e restaurare in territorio boemo la presenza dei gesuiti; la Boemia poi verrà nuovamente inglobata all’interno del territorio Imperiale (vi rimarrà sino al XX secolo).
Nel frattempo continuarono, però, le ostilità che a partire dagli anni precedenti avevano coinvolto la corona di Spagna e le Province Unite (Paesi Bassi). Le sorti di tale conflitto rimasero incerte sino all’intervento della Francia che sino ad allora si era mantenuta largamente neutrale all’interno delle prime fasi del conflitto. La Francia di Luigi XIII entra in gioco memore della tradizionale rivalità con gli Asburgo, proponendosi a favore della causa protestante. Nel frattempo le forze Imperiali attaccano la Danimarca coronate dai numerosi successi dei loro generali; siamo al culmine dell’offensiva cattolica. Gli Asburgo stavano così macinando vittorie su vittorie, e pareva davvero che le sorti della guerra dovessero confluire verso questa soluzione politica.
La Francia, però, non poteva rimanere con le mani in mano ad osservare i suoi eterni rivali conquistare territori ed imporre il loro dominio sull’Europa continentale; mente l’Inghilterra, che già supportava la Francia durante le guerre contro gli ugonotti, prese anch’essa parte all’Unione Protestante.
L’entrata della Francia nel conflitto
A supportare l’ideale protestante fu anche la Svezia di Gustavo II Adolfo che penetrò nelle regioni della Germania infliggendo numerose perdite alle truppe cattoliche. Morì sul campo di battaglia e gli succedette la figlia, Cristina di Svezia, di soli 6 anni. L’impresa svedese fu consistentemente sovvenzionata dal cardinale Richelieu e dagli olandesi, permettendo allo stato svedese ingenti le spese militari che ne conseguirono. Ovviamente la Svezia era fortemente preoccupata di poter esercitare una possibile influenza economica sugli stati tedeschi.
L’entrata in gioco della Francia non sortì sin da subito i suoi effetti; l’azione fu in principio inibita dalle truppe asburgiche che esercitarono una forte supremazia sui propri confini territoriali; ma la vittoria della Santa Lega era impedita da almeno due fattori: la tenacia della Svezia nel portare avanti una guerra ritenuta ‘’giusta’’ e cioè a favore della libertà di culto, e le profonde guerre intestine e civili che stavano scandagliando l’Impero durante quegli anni. Inoltre la Spagna, maggiore alleato della Santa Lega, stava progressivamente logorando le sue forze navali nella guerra alle Province Unite; in ballo c’era molto di più che una vittoria religiosa, l’intero dominio delle rotte atlantiche verso i domini americani. Con l’intervento della Francia ed il progressivo indebolimento delle truppe imperiali, le sorti della guerra si capovolsero completamente a favore dell’asse franco-svedese. Richelieu stabilì progressivamente una rete di alleanze in chiave antiasburgica, impadronendosi anche di Alsazia, Lorena, e minacciando Paesi Bassi e Milano. Il primo periodo delle offensive ispano-imperiali stava lentamente terminando; Ferdinando III fu abbandonato da Brandeburgo e Baviera, lasciando aperta la strada verso Vienne agli Svedesi; gli Spagnoli vennero dapprima indeboliti dalla guerra con i Paesi Bassi, poi dalle rivolte della Catalogna (che approfittò dell’impegno bellico) ed infine dalla secessione del Portogallo, a cui si debbono aggiungere anche le sconfitte belliche riportate a Casale (1640) e Rocroi (1 maggio, 1643).
Il nuovo disegno europeo
L’opportunità di una pace salvifica, seppur dolorante, si faceva sempre più evidente per le truppe Imperiali che decisero così di accettare il compromesso e dare inizio alle trattative: le discussioni si protrassero dal 1644 a 1648, finché non si giunse alla definitiva Pace di Westfalia che pose fine, provvisoriamente e solo per la componente imperiale, alle tremende guerre interne al Vecchio Continente.
Almeno quattro conseguenze importantissime provengono dalla sottoscrizione della pace avvenuta nel 1648; anzitutto la fine del conflitto, poi la diffusione delle carestie che comportò durante gli anni, infatti la guerra fu così sfiancante che molte furono anche le malattie che infestarono i regni europei (si pensi al famoso mal francese). In secondo luogo, la pace ridisegnò completamente l’equilibrio geo-politico e la cartina dello scacchiere moderno; un Europa il cui centro di gravità si sposta progressivamente dal Centro-Sud (Spagna, Sacro Romano Impero-Austria) al Nord-Ovest (Francia, Olanda, Gran Bretagna, Svezia). Come terza conseguenza si stabilirono due pilastri essenziali da un punto di vista politico: il mantenimento dell’equilibrio tra le potenze ed il rispetto assoluto per la sovranità nazionale degli Stati. Infine, si pose definitivamente fine all’idea medievaleggiante di poter riunire un popolo sotto una medesima bandiera religiosa; dai morti, dalle stragi, dalle ripercussioni e dalle drastiche conseguenze economiche del conflitto, l’Europa aveva finalmente imparato, almeno quale concetto astratto, la tolleranza.
articolo di
Claudio O. Menafra
Un commento su “Guerra dei 30 anni: 400 anni dalla nascita dell’Europa moderna”