La periferia di Salamanca ne La Celestina
Calisto, giovane di buona famiglia della periferia di Salamanca, si innamora della bella Melibea nel vederla un giorno nel suo cortile. Per ottenere il suo amore, ricorre ai loschi servizi della vecchia mezzana Celestina, seguendo i consigli dei suoi servi, Parmeno e Sempronio. Calisto regala a Celestina una catena d’oro, come ricompensa dei suoi favori. I servi reclamano parte del premio, e poiché Celestina non vuole condividerlo con loro, la uccidono e fuggono via. Successivamente, vengono arrestati e giustiziati. Una notte in cui Calisto è nel giardino di Melibea, sente delle grida lungo la strada e, nello scendere velocemente una scala, inciampa, cade e muore. Melibea, disperata, si suicida gettandosi dall’alto di una torre. L’opera termina con il pianto di Pleberio, padre di Melibea, di fronte al cadavere della figlia.
Le ricchezze non ti fanno ricco, ma indaffarato!
Fernando de Rojas, La Celestina
La Celestina di Fernando de Rojas
Sebbene l’opera presenti caratteristiche proprie del teatro (divisione in atti, titolo, presenza di dialoghi e didascalie, entrate e uscite dei personaggi…) e del romanzo, La Celestina non è né un romanzo né un’opera teatrale. Trattandosi di un’opera interamente dialogata in prosa, non era destinata alla rappresentazione, ma alla lettura a voce alta. Secondo quel che dice lo stesso Fernando de Rojas, la finalità dell’opera è moralizzatrice, poiché è scritta con il proposito di avvertire gli innamorati che corrono a servirsi delle mezzane delle conseguenze dell’amore folle.
La visione integrale della realtà
Quest’opera ci offre la rappresentazione della periferia della città di Salamanca come una visione integrale della realtà e della varietà di personaggi che, partecipando alla vita della città, contribuiscono a tessere la fitta trama della vicenda. Nella loro ricchezza di sfumature, nei movimenti contraddittori che li animano, nella forza e nella fiacchezza che li attraversano c’è il principale nucleo della modernità che rende La Celestina un’opera che anticipa i tempi e la feconda letteratura moderna successiva. L’autore disegna un’umanità che si pone di fronte alla natura misteriosa del mondo, sprovvista di risposte e costretta a consumare il proprio tempo in una marcia forzata sul bilico della vita: la periferia diventa lo spazio urbano dove i costumi, le relazioni e i sentimenti hanno una medesima importanza per tutti – padroni e servi, prostitute e signore, donne e uomini – senza sottomettere la profondità dell’essere umano alla condizione sociale.
[…] è assai meglio usare delle ricchezze che non possederle.
Sempronio; atto II
La mezzana Celestina
I personaggi si muovono lungo le strade della periferia della città sussurrando, dubitando, passeggiando e tramando, seguendo tutti la tela relazionale condizionata dalle abili mani della mezzana Celestina. Questa caratteristica unica la investe di un ruolo socialmente riconosciuto, a cui viene attribuito il prestigio proprio della categoria, professione molto in voga nelle periferie delle città spagnole agli albori del sedicesimo secolo. La mezzana si muove entro i limiti della fallibile natura umana come si sposta da una bottega a un palazzo signorile nelle strade periferiche della città, ma ciò la condanna inevitabilmente alla sconfitta.
Come afferma Consolación Baranda in “La Celestina y el mundo como conflicto”, questa è l’opera più realistica della sua epoca. Riporta i suoi lettori in un tempo e in uno spazio (la periferia della città contemporanea) che vengono immediatamente riconosciuti come propri. Fernando de Rojas ci rivela che la sua periferia non è altro che un caos generalizzato, davanti al quale i propositi e le volontà umane sono irrisorie e inutili. Non c’è un dio creatore né armonia né ordine; tutto è tumulto, frenesia, litigio, guerra.
[…] chi per salire non va tanto per il sottile, cade in men che non si dica!
Sempronio; atto V