Gabriele D’Annunzio, il sentimento panico della natura nel celebre componimento La pioggia nel pineto, dalla raccolta di liriche Alcyone
Gabriele D’Annunzio è stato uno dei pochi scrittori italiani del Novecento ad avere fama europea. Noto per il raffinato estetismo e per il mito del superuomo, lo scrittore non rinunciò a lasciarsi andare a temi lirici. Tra questi la fusione panica e dionisiaca della natura, come emerge in uno dei suoi più celebri componimenti, La pioggia nel pineto.
Il panismo dannunziano
All’interno del terzo libro delle Laudi, Alcyone, di Gabriele D’Annunzio, al discorso politico, celebrativo e polemico, si sostituisce il tema lirico della fusione panica della natura. In greco “pan” significa “tutto”, ed è anche il nome di una divinità agreste, in cui si incarna la potenza della natura. L’io del poeta si fonde infatti con il fluire della vita del Tutto, si identifica con le varie presenze naturali, animali, vegetali, minerali, trasfigurandosi all’infinito in questa fusione. Con il panismo l’attenzione alla natura diventa qualcosa di diverso, la barriera tra natura ed io poetico si elimina; l’io diventa parte vivente della natura, immergendosi in essa.
La pioggia nel pineto e il tema panico
“E immersi
vv. 52-64, La pioggia nel pineto, da Alcyone
noi siam nello spirto
silvestre,
d’arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.”
In La pioggia nel pineto la donna amata accompagna il poeta durante una passeggiata estiva in campagna finché un temporale non li sorprende, lasciandoli soli ed intimi nel pineto, sotto l’acqua che cade e che crea un’atmosfera surreale. Al centro di tutto il discorso si pone il tema panico dell’identificazione dell’uomo con la vita vegetale. Il poeta e la donna finiscono per fondersi con la natura che li circonda; i protagonisti sono viventi “d’arborea vita”, il volto della donna è “molle di pioggia/come una foglia”, i capelli profumano come ginestre. Ermione è una creatura “terrestre”, eppure sembra uscire dalla scorza degli alberi come le ninfee della mitologia antica. L’identificazione culmina nell’ultima strofa: il cuore delle due creature è “come pèsca/intatta”, gli occhi sono “come polle tra l’erbe”, i denti “come mandorle acerbe”.
Il concerto della natura in La pioggia nel pineto
Odi? La pioggia cade
vv. 33-5, La pioggia nel pineto, da Alcyone
su la solitaria
verdura
con un crepitío che dura
e varia nell’aria
secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
nè il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancóra, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
Il poeta contempla i rumori dell’acqua e della natura che si trasforma intorno, sotto l’incessante picchiettare della pioggia. Nella sinfonia generale della pioggia il poeta distingue il suono diverso di varie voci, il rumore delle gocce a seconda delle foglie più o meno rade, il canto delle cicale, il canto roco delle rane, che sono come strumenti solisti che si alternano al “pieno” di un’orchestra. La poesia diventa musica, gli elementi del pineto danno vita ad un generale concerto che avvolge e rapisce così i due protagonisti. Uomo e natura sono ormai indistinguibili l’uno dall’altro.