Puoi chiamarmi Emma è il primo romanzo di Matilde Falasca, pubblicato nel 2022 da Perrone Editore. Il particolare che certo colpisce di più è la giovanissima età dell’autrice: classe 2004, Matilde Falasca frequenta il liceo Dante Alighieri, a Roma. Ed è proprio la città eterna a fare da sfondo alla sua opera prima, ma in maniera decisa, prorompente: Roma non è solo uno scenario, no. A tratti, sembra essere un personaggio essa stessa, muovendosi tra le pagine grazie alla penna dell’autrice. Ma andiamo con ordine. Di cosa tratta “Puoi chiamarmi Emma”?
Uno dei miei sogni è vedere il mio racconto stampato.
Emma e Teo
Puoi chiamarmi Emma può essere considerato come un romanzo di formazione, in un’epoca – la nostra – in cui formarsi può risultare incredibilmente difficile. La protagonista, Margherita, è una ragazza all’ultimo anno di liceo, impagnata in quella battaglia che tutti abbiamo affrontato: decidere cosa fare della propria vita. Una scelta difficile di per sé, resa ancora più complicata dalla giovane età che si ha quando la si compie. In una costante ricerca di sé, Margherita avverte un peso enorme che pare soffocarla. Cosa dovrà fare ” da grande”? Qual è il suo scopo all’interno dell’incomprensibile macchinario dell’universo? Sul crinale di una crisi esistenziale, la ragazza troverà la sua rivalsa nella recitazione (percorso comunque non privo di difficoltà). Inoltre, potrà contare su un conforto singolare. Comincerà infatti, su consiglio di un professore, una corrispondenza segreta con un ragazzo chiamato Teo, che lei non conosce, ma che sembra così simile a lei, l’unico che possa capirla. E al termine delle sue lettere, quando le viene chiesto il suo nome, così si rivolge al misterioso Teo: “puoi chiamarmi Emma…”
Lo scrivere è dei confusi, confusi nel dispiacere.
Un’analisi su due binari
Come per ogni romanzo di formazione che si rispetti, Puoi chiamarmi Emma si compone di molteplici riflessioni che Margherita compie su di sé e sugli altri. Anzi, spesso pare che addirittura la realtà esterna venga affrontata tramite l’introspezione, in particolare grazie al curioso non-personaggio del non so chi. Quest’ultimo è una sorta di proiezione mentale della protagonista, un essere che la accompagna e che funge a tratti da antitesi, a tratti da supporto, crescendo con lei. E anche grazie a quest’analisi, che Margherita svolge nei confronti di sé stessa e dell’universo, notiamo un cambiamento. All’iniziale, amara consapevolezza dell’impossibilità di inseguire i sogni, si sostituisce pian piano l’insguimento determinato di una libertà che può finalmente essere raggiunta, tenendo sempre però conto dei propri limiti e responsabilità.
Merak
Lo stile di Matilde Falasca è scorrevole e ben curato, dimostrando un’ottima padronanza dell’italiano. Le descrizioni degli ambienti, forse a tratti troppo prolisse, sono tuttavia sapientamente disposte. Non mancano passaggi poetici, talvolta ibridati curiosamente a monologhi filosofici: il risultato è fresco, pungente, e solletica l’appetito del lettore. Svetta, assieme ovviamente al teatro, l’importanza della musica. Come Roma, essa non è soltanto un sottofondo, ma guida i passi di Margherita avvolgendola e legandola con gli altri personaggi. Una menzione particolare va riservata per le parole straniere, che Falasca inserisce ex abrupto nel romanzo, andando poi a spiegarne il significato tramite Margherita. Trapela quindi, oltre all’amore per l’italiano e la scrittura, anche un’appassionata conoscenza di lingue straniere.
In silenzio penso che ho voglia di scrivere, scrivere quel libro che ho sempre visto nel mio futuro.