Quando il rapporto fra un autore e il proprio editor può diventare conflittuale
Un libro, in fondo, è sempre un’opera collettiva. Ma fino a dove può spingersi un editor nel suo lavoro su un testo altrui? A sentire il parere di tanti che fanno questo mestiere, un bravo editor dovrebbe essere invisibile, non dovrebbe lasciare traccia di sé. Il suo scopo dovrebbe essere quello di aiutare l’autore a raggiungere la versione migliore della sua storia e della sua scrittura. Essere così coinvolti all’interno di un racconto e, allo stesso tempo, dover essere capaci di rimanere in disparte può essere però molto difficile.
Come in un rapporto d’amore si cercano compromessi per superare le difficoltà, anche il rapporto tra un autore e il suo editor è un tiro alla fune che ricerca l’equilibrio per il bene del testo. Uno deve essere in grado di superare la gelosia e di affidare le proprie parole all’intuito e all’esperienza dell’altro, che a sua volta deve saper entrare in una storia altrui con rispetto ed empatia, senza appropriarsene. Oppure, questo rapporto me lo immagino un po’ come quello con un’amica che ti racconta per filo e per segno un problema di cuore, aspettandosi da te il consiglio che le svolterà la vita. È un rapporto fatto di “secondo me” e condizionali: “magari dovresti dirgli che”, “io farei così”, “forse sarebbe meglio lasciar perdere”. Alla fine, però, la vita è la sua. E, per quanto probabilmente la storia sarebbe andata meglio se avesse seguito il tuo consiglio, a te non resta che stare a guardare.
“The Carver Chronicles”: la scoperta che cambia tutto
Il rapporto tra Raymond Carver e Gordon Lish è sicuramente uno dei più controversi e discussi nella storia dell’editoria. Nonostante il breve periodo d’attività, Carver ha avuto un impatto così forte da diventare un vero e proprio modello letterario. Considerato per anni uno dei capostipiti del minimalismo americano (nonostante questa definizione del suo stile non gli piacesse), il modo di guardare all’opera di Carver subisce improvvisamente una svolta.
È l’agosto 1998, Carver è morto da dieci anni esatti. Sul New York Times esce un articolo intitolato “The Carver Chronicles”, firmato da D. T. Max. L’autore racconta di aver letto i manoscritti originali dei racconti delle prime due raccolte di Carver (Vuoi star zitta per favore? e Di cosa parliamo quando parliamo d’amore), custoditi alla Lilly Library (Indiana University). Le pagine presentano un’infinità di correzioni, aggiunte e cancellature della penna del suo editor, Gordon Lish. Confrontando la prima versione di Di cosa parliamo quando parliamo d’amore con quella pubblicata dopo l’editing di Lish, si notano differenze enormi. Quasi metà delle parole sono state tagliate, molti titoli e nomi dei personaggi sono stati cambiati e 10 dei 13 finali sono stati riscritti.
L’inizio dell’amicizia fra Carver e Lish
Carver e Lish si conobbero nel 1967. Carver combatteva da anni con gravi problemi economici e di alcolismo, ostacoli costanti al suo sogno di dedicarsi completamente alla scrittura. Inizialmente, il rapporto tra i due era soltanto di amicizia e non professionale: bevevano spesso insieme e Carver inviava i propri racconti a Lish per ricevere dei consigli. Nel 1969 Lish assunse la direzione della sezione di narrativa per la rivista Esquire, attraverso la quale voleva dar forma a una nuova letteratura americana. Carver iniziò quindi a sperare che, con il suo aiuto, sarebbe potuto diventare uno scrittore di successo.
Nel corso degli anni Settanta, infatti, Lish pubblicò molti racconti di Carver. La sua tendenza, fin da questa prima fase, era di ridurre i racconti alla loro essenza più estrema, eliminando qualsiasi indicazione dello stato d’animo dei personaggi e lasciando al lettore lo sforzo di riempire questi vuoti. Tuttavia, analizzando l’editing dei primi racconti di Carver, notiamo che l’autore accettava soltanto i suggerimenti di cui era davvero convinto, rimanendo fedele alla sua visione della storia.
I’m not bothered. I’ve always been the slowest kid in the class anyway, right down there. But, I keep trying, even at this advanced age. So lean on it, if you see things. If I don’t agree I’ll say something.
Nel 1976 esce la prima raccolta di racconti di Carver (Vuoi star zitta per favore?), che viene accolta molto positivamente dalla critica e riceve anche una candidatura per il National Book Award. L’onda positiva prosegue e, l’anno successivo, Carver decide di smettere definitivamente di bere. Inizia per l’autore una vera e propria seconda vita, fatta di scrittura, successi e insegnamento. Nel frattempo, Lish lascia l’Esquire e comincia a lavorare per la casa editrice Knopf, dove mette subito Carver sotto contratto per una nuova raccolta di racconti. Così, nel 1981, esce Di cosa parliamo quando parliamo d’amore, che consacra definitivamente la fama dell’autore.
Il punto di rottura: Di cosa parliamo quando parliamo d’amore
È a questo punto che il rapporto fra i due comincia ad incrinarsi seriamente. Nelle sue lettere del 1980, Carver si mostra fortemente combattuto. Di fianco all’estrema riconoscenza nei confronti del suo editor, troviamo infatti anche la supplica di riconsiderare i massicci tagli sui racconti, almeno quelli più intimamente legati al suo rapporto con l’alcolismo. Carver ha paura di perdere l’amicizia di Lish, ma, allo stesso tempo, sa di aver bisogno che quei racconti escano in una versione più vicina alla sua. L’8 luglio scrive:
Tu mi hai già assicurato un certo grado d’immortalità. Hai già migliorato molti dei racconti rispetto alla loro versione originale. […] Però è ancora troppo vicino, quel racconto. Gran parte di questa cosa ha a che fare con la mia sobrietà e l’aver ritrovato il benessere e la salute mentale (anche se adesso mi rendo conto di quanto siano ancora fragili). Ti dico la verità, qui è in gioco il mio equilibrio mentale. […] E adesso ho una gran paura, una paura da morire, lo sento, che se il libro fosse pubblicato nella sua attuale forma revisionata, non riuscirei più a scrivere un altro racconto [… ]. Ti prego, dammi una mano, Gordon.1
La nuova voce di Carver: Cattedrale
Qualche giorno dopo, Carver si calma. Prega un’ultima volta Lish di dare un’altra occhiata, ma alla fine si rimette completamente alla sua decisione, avendo fiducia nel fatto che l’amico voglia solo il suo bene. La raccolta esce nel 1981 nella versione di Lish e ottiene il successo che ben conosciamo, ma il rapporto tra i due è ormai compromesso. Infatti, nelle lettere che precedono l’uscita della nuova raccolta di Carver, Cattedrale (1983), il tono dell’autore sembra molto più freddo. Carver si è reso conto a questo punto che lo stile minimalista di Lish non gli dà lo spazio necessario, vuole rivendicare la propria autonomia e trovare una nuova via espressiva. Nell’agosto 1982 scrive al suo editor queste parole:
In questo momento non sono sicuro se riusciremo ad appianare alcune divergenze che emergeranno senz’altro in qualcuno di questi racconti che ho scritto e sto ancora scrivendo adesso. […] Però, una cosa è sicura: i racconti di questa raccolta saranno più pieni di quelli dei libri precedenti. E questa, Cristo santo, è una cosa buona. Non sono lo stesso scrittore di prima. Però so che tra questi 14 o 15 racconti che ti darò ce ne sono alcuni che ti faranno arricciare il naso, che non coincideranno con l’idea che la gente si è fatta di come deve essere un racconto di Carver – e per gente intendo te, me, i lettori in genere, i critici. Comunque, io non sono loro, non sono noi, sono io. Può darsi che alcuni di questi racconti non si adattino facilmente a starsene allineati in fila con gli altri, è inevitabile. Però, Gordon, giuro su Dio e tanto vale che te lo dica subito, non posso subire l’amputazione e il trapianto che in un modo o nell’altro servirebbero a farli entrare nella scatola, di modo che il coperchio chiuda bene.2
Carver e Lish: amore o odio?
Anche Cattedrale viene accolto positivamente sia dalla critica che dal pubblico. Risultano chiari agli occhi di tutti la maturazione e l’arricchimento dello stile di Carver e, l’anno successivo, il libro viene anche candidato al Premio Pulitzer. È evidente, quindi, che l’apprezzamento per l’autore non si sia interrotto dopo aver stabilito questi nuovi confini nel suo rapporto con Lish, ma sarebbe riuscito ad arrivare al successo anche senza gli interventi del suo editor? Sono cose che nessuno sa. Spesso, in questa storia, a Lish viene spesso attribuito il ruolo del cattivo, che si vantava del fatto che Carver fosse una sua creatura. In un’intervista, Lish ha confessato che i lettori erano stati sedotti dai racconti per come lui li aveva editati e che quindi, se non avesse contaminato la scrittura di Carver, egli non avrebbe avuto lo stesso successo.
Gli interventi di Lish hanno innegabilmente conferito ritmo e incisività ai racconti di Carver, massimizzandone in molti casi l’effetto. Allo stesso tempo, però, hanno spesso silenziato i pensieri e l’interiorità di personaggi per cui l’autore desiderava ardentemente una possibilità di redenzione e miglioramento. Ovviamente, il massiccio lavoro di Lish sulle opere di Carver non rappresenta un caso unico: Ezra Pound dimezzò The Waste Land di T.S. Eliot e anche Maxwell Perkins, editor di Thomas Wolfe, tagliò notevolmente la prima versione di Look homeward, Angel.
Il rapporto tra editor e autore resta, prima di tutto, una relazione tra due individui con i propri sentimenti, le proprie contraddizioni e i propri segreti. È impossibile conoscerne i dettagli in maniera chiara e completa, come è anche impossibile – e insensato – schierarsi da una parte o dall’altra. Poter leggere oggi i racconti di Carver anche come erano stati inizialmente pensati ci permette soltanto di decidere per noi stessi quale delle due versioni risuona di più con la nostra sensibilità ed il nostro modo di vedere il mondo. Tutto il resto resta un insieme di speculazioni su un rapporto estremamente complesso, in equilibrio – spesso precario – fra conflitto, stima e amore.
Note
[1] e [2]: Le citazioni tratte dalle lettere di Carver a Gordon Lish vengono da Principianti (Einaudi, 2014).