Harper’s Magazine, noto anche come Harper’s, è una rivista americana con cadenza mensile che affronta tematiche relative alla letteratura, politica, cultura, finanza e arte
I suoi esordi sono nel giugno del 1850. È la seconda rivista più antica ancora oggi pubblicata negli Stati Uniti (Scientific American è la più antica). La direttrice editoriale a partire da gennaio 2010 è Ellen Rosenbush. Come noi di The Serendipity Periodical, anche il famoso magazine ha approfittato degli articoli di luglio per ricondividere una lettera apparsa in origine sul numero di ottobre, sul concetto della libertà e delle delicate situazioni sociali che la mettono a rischio. Queste uscite in tempi delicati ci ricordano che la libertà che diamo per scontata, è stata tolta ai nostri padri e potrebbe esserci tolta in futuro. Per questo dobbiamo sempre e costantemente aggrapparci al tipo di libertà che non potrà mai esserci toccata: quella di pensiero.
Per la sezione traduzione, abbiamo deciso di tradurre la lettera del Magazine americano sul concetto di libertà d’espressione e creativa, A Letter on Justice and Open Debate, alla cui chiusura firmano i nomi di personalità influenti del mondo americano, a cui la cultura è argomento caro. Alcuni dei nomi citati sono Samuel Moyn (Yale University), Meera Nanda, (scrittrice e insegnante) Cary Nelson (University of Illinois at Urbana-Champaign), Olivia Nuzzi, (New York Magazine). Prima di passare alla traduzione, è ideale una citazione di Afferma Isaiah Berlin. Filosofo, politologo e diplomatico britannico, teorico di un liberalismo inteso soprattutto come limitazione dell’ingerenza statale nella vita sociale, economica e culturale dei singoli e delle comunità.
«L’essenza della libertà è sempre consistita nella capacità di scegliere come si vuole scegliere e perché così si vuole, senza costrizioni o intimidazioni, senza che un sistema immenso ci inghiotta; e nel diritto di resistere, di essere impopolare, di schierarti per le tue convinzioni per il solo fatto che sono tue. La vera libertà è questa, e senza di essa non c’è mai libertà, di nessun genere, e nemmeno l’illusione di averla»
A Letter on Justice and Open Debate
July 7, 2020
La lettera in basso si trova nella sezione Lettere del numero di ottobre della rivista.Le nostre istituzioni culturali stanno affrontando un momento di prova. Potenti proteste per la giustizia razziale e sociale stanno portando a richieste di riforma dell’organizzazione del corpo della polizia, insieme a richieste più ampie di maggiore uguaglianza e inclusione in tutta la nostra società. Tra questi campi sono inclusi il giornalismo, nell’istruzione superiore, nella filantropia e nelle arti. Ma questa necessaria resa dei conti ha anche intensificato una nuova serie di atteggiamenti morali e impegni politici che tendono a indebolire le nostre norme di dibattito aperto e tolleranza delle differenze a favore della conformità ideologica. (…….)
Il libero scambio di informazioni e idee, linfa vitale di una società liberale, sta diventando sempre più limitato. Mentre ci aspettiamo questo dalla destra radicale, la censura si sta diffondendo anche più ampiamente nella nostra cultura. Un’intolleranza di visioni opposte, una moda per la vergogna pubblica e l’ostracismo e la tendenza a dissolvere complesse questioni politiche in una accecante certezza morale. Sosteniamo il valore di un contro-discorso robusto e persino caustico da ogni parte. Ma ora è fin troppo comune sentire richieste di punizione rapida e severa in risposta alle trasgressioni percepite del linguaggio e del pensiero. Ancora più preoccupanti, i leader istituzionali, in uno spirito di controllo del danno in preda al panico, stanno dando punizioni affrettate e sproporzionate invece di riforme ponderate.
Gli editori vengono licenziati per l’esecuzione di brani controversi;
I libri vengono ritirati per presunta inautenticità; ai giornalisti è vietato scrivere su determinati argomenti; professori indagati per aver citato opere letterarie in classe; un ricercatore viene licenziato per aver fatto circolare uno studio accademico peer-reviewed; e i capi delle organizzazioni vengono espulsi per quelli che a volte sono solo errori goffi. Qualunque siano le argomentazioni su ogni particolare incidente, il risultato è stato quello di restringere costantemente i confini di ciò che si può dire senza la minaccia di rappresaglia.
Stiamo già pagando il prezzo con maggiore avversione al rischio tra scrittori, artisti e giornalisti che temono per i propri mezzi di sussistenza se si discostano dal consenso o mancano di sufficiente zelo nell’accordo.
Questa atmosfera soffocante alla fine danneggerà le cause più vitali del nostro tempo. La restrizione del dibattito, che sia da parte di un governo repressivo o di una scevra società intollerante, fa invariabilmente male a chi manca di potere e rende tutti meno capaci di partecipazione democratica.
Il modo per sconfiggere le cattive idee è attraverso l’esposizione, l’argomentazione e la persuasione, non cercando di zittire o desiderare di allontanarle. Rifiutiamo qualsiasi scelta falsa tra giustizia e libertà, che non possono esistere l’una senza l’altra. Come scrittori abbiamo bisogno di una cultura che ci lasci spazio alla sperimentazione, all’assunzione di rischi e persino agli errori. Dobbiamo preservare la possibilità di un disaccordo in buona fede senza terribili conseguenze professionali. Se non difendiamo la cosa da cui dipende il nostro lavoro, non dovremmo aspettarci che il pubblico o lo stato lo difendano per noi.