La figlia del re ragno è il romanzo d’esordio della nigeriana Chibundu Onuzo che iniziò a scrivere l’opera a soli diciassette anni
Durante la fiera Più libri, più liberi abbiamo avuto la fortuna di ascoltare la stessa autrice che parlava del libro e ci siamo incuriositi. La giovane Chibundu Onuzu, che ormai di anni ne ha ventotto, ha parlato del libro come di un’opera giovanile della quale cambierebbe molte cose ma che comunque non rifiuta in toto. Ci ha tenuto infatti a sottolineare come alcuni aspetti della visione del mondo presentata dal libro siano semplicistici, a più di dieci anni della genesi dell’opera è comunque normale che una scrittrice abbia dei ripensamenti sul suo primo romanzo. Per alcuni aspetti concordiamo perfettamente con l’autrice e il romanzo presenta alcune piccole ingenuità compensate però dal talento descrittivo e da una trama sorprendente ed originalissima. La vicenda si articola in una Laos fatta di ombre nette e luci accecanti. Tutto è oscuro e le pieghe della città nascondono storie inaspettate, misfatti e case in rovina. Le strade affollate da motorini e macchine di ogni genere, da pezzi di ferraglia a suv extralusso, sono sporche e popolate da storie il cui fulcro è sempre uno: l’ascesa e la discesa della scala sociale. L’autrice mostra come in questa città, popolata da una maggioranza povera ed una piccola élite ricca, sia facile perdere tutto.
Il romanzo di Chibundu Onuzo
La protagonista è la diciassettenne Abike Johnson, figlia prediletta di un uomo potente che sembra controllare mezza città. Tramite una serie di coincidenze il suo destino si incrocerà con quello di un ambulante, un ragazzo di diciotto anni che ha dovuto rinunciare agli studi ed ad una vita agiata e vende gelati per strada per sopravvivere.
Le vite dei due si articolano in luoghi totalmente diversi, la villa sfarzosa di Abike e i bassifondi nei quali si muove l’ambulante, e ciò porta l’autrice a descriverci gli estremi opposti di una Laos che però rimane ugualmente spettrale. Anche la vitalità dei mercati e dei quartieri poveri è imbrigliata nella rete tessuta dal “re ragno” del titolo che muove tutto e tutti come fosse un abile burattinaio.
Proprio quest’ultimo risulta particolarmente interessante nell’economia della narrazione, infatti, è un personaggio che appare in scena molto poco ma di quale tutti, prima o poi, parleranno. Il signor Johnson incarna la corruzione e tutto ciò che c’è di marcio nella capitale nigeriana; la cosa interessante è che la scrittrice evita di descriverlo direttamente e preferisce restituircelo tramite un mosaico di descrizioni fatte dal coro dei personaggi secondari.
Il tema centrale è la corruzione e la stessa città di Laos incarna in maniera metaforica tutto ciò che c’è di sbagliato al mondo. Accanto a questo però si osserva anche il coraggio e la forza di chi si ribella ad un sistema sbagliato e rema controcorrente.
Tra le pieghe della narrazione si nasconde una trama di voci, all’apparenza marginali, che riescono a conferire alla storia un respire più ampio. C’è tutto il mondo in questo microcosmo; troviamo da una parte i giovani ricchi ma disillusi che abbassano la testa e accettano umiliazioni pur di mantenere lo status quo, gli adulti che vivono delle loro glorie passate(come le madri di Abike e dell’Ambulante) e i personaggi corrotti a tal punto da aver perso la loro identità (il fatto che il re ragno non utilizzi il nome di battesimo ci sembra una scelta molto ben azeccata). D’altra parte però l’autrice porta all’interno della sua opera anche personaggi forieri di Speranza, come Precious che nonostante gli abusi e gli inganni subiti crede in un future migliore e non cede mai all’odio cieco. In sostanza il libro è davvero un bellissimo esordio per Chibundu Onuzo, che inizia così anche ad essere tradotta e conosciuta nel resto del mondo. Non vediamo l’ora di leggere il suo secondo romanzo che, come ha detto la stessa autrice, è già pronto.