Zadie Smith è sempre Zadie Smith.
Cambiare idea non è un’opera compiuta, è un’opera nata da una raccolta a posteriori di saggi e articoli, pertanto non ci si aspetterebbe una coerenza di qualche tipo, non più di quanto non ci si aspetti coerenza da una raccolta di racconti.
Eppure la coerenza c’è. Il pensiero dell’autrice attraversa questi saggi come una parabola. Se ne riconoscono le ossessioni, i leitmotiv. Sono gli stessi che occupano lo spazio della sua narrativa: l’identità, la voce, le icone e le riflessioni sul valore delle stesse, ma anche un certo modo di osservare le cose che privilegia le persone, la dimensione puramente fisica di concetti che per la mente europea appaiono astratti e indefinibili.
Ma i concetti – ci dimostra Zadie Smith – non sono mai davvero astratti né assoluti
I suoi ragionamenti hanno sempre al centro la concretezza delle persone, le loro storie. Obama è anche e soprattutto la sua voce, il modo in cui parla e in cui decide di parlare, l’accento che usa in determinate circostanze: non solo chi siamo, ma chi decidiamo di essere, di volta in volta.
I concetti, le persone, le storie: tutto alla fine, per Zadie Smith, si riduce a una narrazione. Si tratti di recensioni o rievocazioni di ricordi familiari o libri amati: solo la forza della narrazione può catturare la complessità del reale senza ridurla a schemi o regole fisse. Perché schemi e regole fisse non ce ne sono, e la realtà si costruisce dal basso, da chi siamo, dove siamo e perché non siamo altrove – molto acute le osservazioni su Visconti e l’Italia, dove Zadie Smith ha vissuto per un periodo.
Questa stessa capacità di vedere davvero le cose, e non osservarne ciò che invece vi si vorrebbe ritrovare, le permette di presentarci, con quel respiro delicato della prosa che la contraddistingue, realtà che a noi erano sfuggite. Perché a forza di vedere attraverso, a forza di leggere gli schemi nella realtà, rischiamo di perdere di vista l’acqua in cui siamo immersi, per dirla con Wallace.
Anche quando si tratta di saggi letterari, i più interessanti per chi è del mestiere, Zadie Smith non delude.
La questione autoriale, infatti, è legata alla questione identitaria: Zadie Smith non può rifiutare l’idea dell’autore, come invece faceva Barthes, e non può tuttavia trattarlo in modo analitico. Ciò che può fare, ciò che fa, è articolarne la complessità: non si tratta di spiegare le opere spiegando l’autore, ma di fare un passo indietro, comprendere che non possiamo realmente spiegare nulla, e fare l’unica cosa possibile: raccontare.
Articolo di
Michelangelo Franchini