Il discorso di Ryszard Kapuścinski al congresso del 2005
In occasione dell’uscita del film animato “Ancora un giorno”, tratto dall’omonimo libro di Ryszard Kapuścinski, inviato in Angola nel 1975 durante la guerra civile, vi proponiamo una traduzione del discorso pronunciato dal reporter polacco nel 2005 durante il primo congresso di traduttori della letteratura polacca.
Dalla regia di Raul De La Fuente e Damian Nenow conosciamo un Kapuścinśki supereroe e giornalista, mosso dalla curiosità e dall’esigenza di comprendere a fondo la “confusao” e il contesto sociale dal quale emerge il conflitto in Angola nel 1975. La missione che spinge e sottende l’azione del supereroe è nelle parole dall’altra eroina combattente, Carlota: “Make sure they won’t foget us”. Un cartone animato per grandi, che con la semplicità di figure intagliate nel cartone e la complessità di effetti speciali da film d’azione ci propone temi e riflessioni sulla nostra capacità, in quanto esseri umani, di affrontare scelte e rinunce, semplici azioni della quotidianità che avvengono in una realtà tragicamente dilaniata dalla guerra civile.
Un mondo lontano e differente, l’Angola, che Kapuściński non si limita a descrivere da spettatore, ma vi si immerge e immergendosi porta con sé anche il lettore. Di seguito nel suo discorso sull’importanza della traduzione nel nuovo millennio scopriamo come il ruolo del traduttore nella diffusione di una certa cultura e di un punto di vista esterno in una data società non sia affatto banale e scontato.
Il traduttore: personaggio del XXI secolo
Traducendo un testo apriamo all’Altro un nuovo mondo, lo interpretiamo, e interpretandolo glielo avviciniamo, gli permettiamo di viverci e lo rendiamo parte della nostra esperienza personale. (…)
Se oso presentarmi qui dinanzi a voi è per dirvi che siamo testimoni, in questo istante, in questo preciso istante, della nascita di un nuovo ruolo e di una nuova posizione in cui si collocano i traduttori e le traduttrici nel mondo, nella cultura e nella letteratura contemporanea. Può essere che non sempre lo notiamo e ancora non riusciamo ad accorgercene, ma il momento è essenziale e degno di attenzione.
Tradizionalmente il ruolo del traduttore nella gerarchia letteraria non è mai stato di prim’ordine, spesso il nome e il cognome dei traduttori era sconosciuto o addirittura limitato alle iniziali o sostituito con pseudonimi. Tranne eccezioni, poco o nulla sappiamo su coloro che traducendo hanno conservato per noi i capolavori della letteratura antica e in seguito di quella medievale e ci hanno trasmesso la ricchezza della letteratura extraeuropea.
Ricordiamo ancora i libri stampati nel XIX secolo e sino al XX secolo, dei quali non si conosce il nome della traduttrice o del traduttore e non si tratta di letteratura di evasione, ma di importanti titoli di natura letteraria o scientifica.
I cambiamenti del XX secolo
Questa situazione va migliorando nelle ultime decadi del secolo scorso e proprio negli ultimi anni del XX secolo iniziano a verificarsi cambiamenti radicali e positivi, in seguito al verificarsi di fattori simultanei.
In primo luogo, è finita la guerra fredda che per mezzo secolo ha congelato il mondo rendendo difficili e persino impossibili le relazioni fra i paesi e le culture, comprese le lingue. Di conseguenza dopo la sua fine il mondo è diventato più aperto e più democratico. È aumentata la possibilità di conoscersi e avvicinarsi reciprocamente, di dialogare, di conversare e di scambiarsi idee. Subito tutti si sono resi conto che questa opportunità non può essere sfruttata senza la presenza e la mediazione di chi è in grado di tradurre parole e pensieri da una lingua all’altra, e dunque senza il traduttore. La presenza del traduttore, cioè di colui che traduce sia una conversazione che un testo, diventa la condizione di esistenza e di convivenza della comunità umana, della famiglia dell’essere umano.
Apertura al multiculturalismo e al multilinguismo
Il secondo fattore di questa nuova apertura del mondo, sopra menzionata, ci permise di vedere e sentire meglio la sua diversità e complessità e soprattutto il suo multiculturalismo, e il suo stesso multilinguismo. Certamente da molto tempo, da tempi biblici, dai tempi della torre di Babele questo problema era noto e lo si combatteva, ma adesso alla fine del XX secolo è nata una consapevolezza universale, la consapevolezza di questa multiculturalità e multilinguismo del genere umano è planetaria.
I dati sono sbalorditivi: all’inizio del XX secolo abbiamo più di seimila lingue nel mondo, più di duemila solo in Africa, dove ogni tribù e spesso ogni singolo villaggio parla una lingua differente. Perché? Perché una e quella stessa cosa, per esempio un albero, ha decine, addirittura centinaia di nomi differenti? Da molti anni ormai i linguisti si pongono questo interrogativo.
Questo stupefacente miscuglio di lingue non è affatto, secondo la Bibbia, il simbolo della ricchezza dell’immaginazione umana, ma una punizione per i suoi peccati, una sorta di prigione che lo isola e lo limita. Questo stato di separazione e di isolamento viene condiviso non solo da singole persone, ma viene vissuto da intere società e nazioni che parlano lingue diverse.
E questa impossibilità, questa mancanza di comunicazione
ha delle conseguenze non solo di natura linguistica, ma anche psicologica e spesso politica. È sufficiente che qualcuno non parli la mia lingua e subito lo giudico come peggiore rispetto a me, inferiore, degno di disprezzo. Lo stesso accadeva nell’antica Grecia. Per i greci di allora chiunque non parlasse la loro lingua era un barbaro, cioè colui che emette un balbettio incomprensibile, delira come un pazzo. E un pazzo può essere pericoloso, aggressivo.
Ecco come la non conoscenza di una lingua può diventare fonte di timori, di paure, di ostilità e di conseguenza addirittura di guerra. Quanti conflitti e guerre linguistiche ci sono state nella storia e quante tragedie e vittime e distruzioni! Ma al contrario, conoscere la lingua dell’Altro è un’opportunità per poter comprendere, intraprendere conversazioni, dialoghi e collaborazioni.
In tutte le situazioni qui menzionate vediamo quanto peso e importanza ha la comunicazione interlinguistica e il ruolo del traduttore che ne deriva, un ruolo dal punto di vista culturale e sociale che supera e va oltre la mera esecuzione di compiti o doveri professionali.
Eppure, malgrado l’importanza fondamentale che nella comunicazione interpersonale ha la reciproca comprensione delle rispettive lingue, colpisce quanto tempo, quanti anni e, a volte, quanti secoli, sono passati fra la nascita di un originale di un’opera e la sua traduzione, anche se si trattava di popoli e culture fra loro vicine.
Così accadde per esempio per il Corano
il libro sacro per i mussulmani, con i quali l’Europa è stata in contatto dal VII secolo. Ma solo un millennio più tardi appaiono le prime traduzioni europee del Corano, in latino e in inglese. E dunque per un intero millennio l’Europa confina e convive con una civiltà di cui ne ignora la chiave fondamentale
Ed ora, in questo momento, oggi, quest’apertura del mondo, questa maggiore capacità di accedere al mondo e questa nascente e universale consapevolezza della sua multiculturalità, e quindi del suo multilinguismo, è seguita da una grande rivoluzione comunicativa, una trasformazione elettronica, che crea una più rapida possibilità e una maggiore diffusione di contatto e avvicinamento interpersonale. E anche qui, come nei casi precedenti, in primo piano appare la figura del traduttore al quale tutti si rivolgeranno perché ovviamente senza di loro non sarebbe possibile alcun dialogo, conoscenza o intesa.
Particolare, oltretutto, è il ruolo del traduttore di testi, del traduttore letterario, poiché la nostra civiltà, nonostante la grande importanza dell’immagine e del suono è una civiltà del testo, della parola scritta e fissata nella stampa. È un truismo che il pianeta nel quale viviamo si trova in un processo di cambiamento accelerato e profondo e questa legge di accelerazione influenza anche il mondo della lingua.
Tantissime lingue, centinaia e persino migliaia
mai trascritte da nessuna parte, sono sparite e continuano a sparire, questo fenomeno di sterminio perdura ancora, poiché i portatori di queste lingue, tribù e clan muoiono. Ciò riguarda soprattutto le fasce climatiche calde, tropicali. Nei climi temperati e freddi le lingue manifestano una maggiore resistenza. Un tempo erano i missionari coloro che trascrivevano le lingue sconosciute in Europa, ma oggi il loro numero diminuisce e in questo modo le lingue poco diffuse continuano a scomparire in maniera definitiva nelle giungle del Congo o nelle foreste dell’Amazonia.
Come molti altri ambiti, anche il mondo delle lingue è attraversato da due correnti opposte. Da una parte c’è una corrente che tende all’unificazione, all’universalizzazione, che ha lo scopo di far parlare a più persone sempre meno lingue. In questa corrente le lingue ad oggi più dinamiche sono l’inglese, il cinese e lo spagnolo. Qui si vede meglio tra l’altro come la forza economica influisca sulla posizione e l’importanza di una lingua. La corrente opposta mira a mantenere, rafforzare e sviluppare le lingue delle singole nazionalità, etnie e regioni.
Tale tendenza manifesta a volte una vitalità impressionante
In Francia sei lingue regionali lottano per l’uguaglianza proprio come il basco e il catalano in Spagna, quechua e Aymara in Perù e Bolivia, il berbero nei paesi del Maghreb, lo haussa in Nigeria; esempi di questa grande invasione di lingue ambiziose e meno conosciute sono decine, se non centinaia. Le comunità che le parlano danno molta importanza alla loro promozione e sopravvivenza pronti a sostenere, per questa ragione, i più alti costi materiali.
A volte si verificano situazioni bizzarre. Quando nel 1990 l’Armenia ha smesso di essere parte dell’Urss e ha proclamato l’indipendenza, nelle scuole è stato deciso di abolire il russo e introdurre l’armeno, anche se è una lingua con la quale i ragazzi non potevano proseguire gli studi, perché non esisteva né nelle scuole medie, né nell’università. Eppure, la società doveva attraversare questo periodo di euforia linguistica, prima che scemassero le emozioni e si accettassero soluzioni più realistiche.
La lingua è una cosa così importante e preziosa che in casi estremi le persone per difenderla danno la propria vita
Anche oggi ce ne possiamo rendere conto in India, Pakistan e in molti altri paesi. Io stesso durante i miei viaggi in più occasioni mi sono reso conto di come la gente del posto apprezza quando uno straniero cerca di imparare almeno qualche parola nella loro lingua nativa. A quel punto si aprono tutte le porte e l’ospite viene accolto con tutto ciò che si ha di migliore.
Cercando di dire qualcosa nella lingua locale, dimostriamo rispetto verso il padrone di casa, riconoscendo loro dignità. La lingua è il più grande tesoro della cultura e allo stesso tempo la caratteristica identitaria più sensibile e riconoscibile.
Vi ho parlato di tutto questo per sottolineare quanto sia sensibile e delicata la materia con cui ha a che fare il traduttore, quanto deve avere occhio e orecchio affilato per le lingue, gusto linguistico e intuizione e memoria linguistica. Queste caratteristiche sono indispensabili visto che le lingue, con il quale il traduttore ha a che fare, sono in continuo cambiamento, in continua trasformazione, in continuo movimento, si arricchiscono, si evolvono e le singole parole assumono nuove sfumature di significato.
Quanta esperienza è necessaria
l’astuzia la capacità di cogliere e leggere i segnali di questi cambiamenti che ci giungono attraverso la lettura del testo, dal suo strato inferiore, dal suo contenuto. Ma i compiti del traduttore non si limitano aggi all’atto di tradurre un testo in un altro testo, da una lingua ad un’altra. Come autore ho spesso sperimentato e avverto sempre quanto siano disponibili e d’ aiuto in vari campi e forme.
Infatti, il traduttore è anche una sorta di agente letterario o addirittura un ambasciatore di un determinato autore e spesso anche un fervente sostenitore della sua opera, qualcuno che la propone e la consiglia agli editori e attira l’attenzione dei media locali, la recensisce e la raccomanda. E più in generale è un conoscitore e un critico della letteratura nella quale sono inseriti i “suoi” autori. Avere un traduttore fisso e famigliare in un determinato paese dà a chi scrive un grande senso di sicurezza e tranquillità. (…)
Traduttore come ambasciatore
Questo ruolo di “ambasciatore” del traduttore ha un significato particolare quando si tratta di letteratura scritta in lingue che non appartengono alla cerchia delle più potenti e meglio conosciute. A volte la perseveranza e la forza di persuasione di un traduttore possono essere decisive affinché un testo appaia e si diffonda in un certo mercato. E l’ingresso in un nuovo mercato e la conquista di una posizione solida oggi non è facile perché, oltre alla concorrenza tradizionale, in diversi paesi domina una tendenza verso la chiusura piuttosto che l’apertura delle porte a libri stranieri. (…)
Nella lingua polacca il verbo tłumaczyć ha due significati distinti; tuttavia la loro convergenza semantica è estremamente suggestiva e oggi nel mondo multiculturale è particolarmente caratteristica e significativa.
Dunque, chi traduce un testo, chi traduce un testo letterario, un libro, in questa accezione di significato, viene definito dal dizionario di Linde[1] “przekładacz”[2]. Tradurre, ossia trasferire da una lingua all’altra, in questo caso la relazione è stretta e il confine dell’arbitrarietà limitato e da secoli controverso e discusso.
Cosa prevale, cosa è prioritario?
Tradurre alla lettera o tradurre lo spirito del testo? Quali proporzioni e quali interdipendenze stabilire? Cosa considerare come la giusta misura, la migliore soluzione? Tutti voi combattete con questo problema da anni, dalla prima frase tradotta.
Ma in questo secondo significato più ampio, secondo Karłowicz, “tradurre” significa “spiegare”, “interpretare”, persino “rendere conto”. E proprio qui che oggi il traduttore svolge un ruolo di responsabilità nel nostro nuovo mondo multiculturale. Traducendo ci rende consapevoli dell’esistenza di altre letterature e culture, dell’esistenza dell’Altro, del suo diverso e irripetibile. Facciamo parte della grande famiglia dell’essere umano la cui condizione di sopravvivenza è la conoscenza più profonda e una reciproca accettazione e coesistenza.
In questo senso, traducendo un testo apriamo agli Altri un nuovo mondo, glielo interpretiamo e glielo avviciniamo, gli permettiamo di starci, di renderlo parte della nostra propria esperienza.
Quanto si ampliano i nostri orizzonti mentali
grazie agli sforzi del traduttore, quanto si approfondisce la nostra capacità di capire, il nostro sapere, quanto si affina la nostra sensibilità.
Oggi, nel XXI secolo, tutto questo è particolarmente importante, perché il nostro mondo che si sviluppa, si diversifica In questo modo, si trasforma tumultuosamente necessita di continue interpretazioni e spiegazioni, cosa nella quale ci aiuta anche la traduzione letteraria, cioè l’opera di tutti voi presenti.
È una dimensione più ampia, un valore aggiunto del lavoro del traduttore nel mondo di oggi. È grazie ad essa che gli autori possono arrivare dappertutto e i lettori possono diventare esploratori dei popoli, che ieri gli erano ancora inaccessibili. Del resto, sappiamo già in che misura il traduttore è coautore del libro, in che misura il libro può diventare noto. E perciò c’è un grande senso di gratitudine verso i traduttori da parte dei lettori e degli autori e vi ringrazio calorosamente.
Articolo di
Benedetta Cirone
Bibliografia e sitografia
Kapuściński Ryszard, Tłumacz – postać XXI wieku, in Gazeta Wyborcza oline, 2005 http://wyborcza.pl/1,76842,2746460.html?disableRedirects=true
Greco Salvatore, Ancora un giorno- Another day of life. Kapuściński al cinema, In Polonicult, 2019, https://polonicult.com/ancora-un-giorno-another-day-of-life-kapuscinski-al-cinema/?fbclid=IwAR0mLfkPWN2G_4VTF3abKC7FgGmc7j1t2949aPAXJlT_DH6meK1sCmgzPHE
Słownik Języka Polskiego https://sjp.pwn.pl/
Duży Słownik Polsko- Włoski/ Włosko- Polski, Lagenscheidt, 2011, Warszawa
[1] Samuel Bogumił Linde (1771-1847) – è uno slavista polacco, lessicografo, linguista, traduttore, bibliografo, pedagoga e bibliotecario. È autore del monumentale Dizionario della lingua polacca (1807–1815) (ndt)
[2] Ad oggi in polacco il termine przekładacz, come sostantivo, non è più in uso. Invece è ancora in uso il verbo przekładać, il cui significato letterale è “trasporre” e come seconda accezione significa “tradurre testi scritti” (ndt)