Antonio Pascale, tra uomo e botanica
“Aveva precisato che Eva mangiò un fico e non la mela: Eva colse il frutto- e cominciò a recitare la Genesi-, ne mangiò e ne diede ad Adamo, allora aprirono gli occhi e si videro nudi: intrecciarono foglie di fico e si coprirono”
E appunto proprio come Eva, l’autore, ci permette di scoprire l’origine della vita spogliandoci da La foglia di fico. Una comunione tra realtà umana e realtà botanica del Mondo. Un’anatomia botanica dell’essere umano.
Per un’anatomia botanica dell’essere umano
Cosa c’è in comune tra una pianta e un essere umano? Quali particelle della struttura naturale della pianta possono essere connesse alla struttura anatomica della specie umana?
“Mi sentii vicino alla natura, non solo a quella vegetale e animale, ma alla natura umana”
Una raccolta di dieci racconti, ognuno dei quali, caratterizzato dalla peculiarità tracciata dalle singolari proprietà botaniche delle piante associate a quelle psicologiche ed esistenziali della specie umana. Un itinerario darwiniano sull’origine della specie originato però con le piante. Il protagonista di questi racconti è l’alter-ego dell’autore, Antonio, il quale, ricostruisce il percorso di esperienze uniche che hanno segnato il percorso della sua vita. L’autore, il demiurgo che sorregge il mondo dei suoi ricordi, tratteggiando i bordi di un’ampia analisi personale conforme la sua consapevolezza approdando così ad una rigogliosa brezza vitale. Un fanciullo che ricorda il suo nido per aprire gli occhi verso il mondo della realtà.
Il racconto e il viaggio ne La foglia di fico
Le avventure di Antonio, vengono accompagnate dai consigli del suo miglior amico, Antonino. I due frequentavano lo stesso percorso di studi universitari e hanno vissuto insieme esperienze importanti delle loro vite. Due “Kerouacciani” campani. A tal proposito, durante la lettura del libro mettendo a fuoco l’osservazione delle singolari composizioni dialogiche, e la corrispondenza biunivoca delle loro riflessioni, è giunta di soprassalto l’ipotesi di creare uno specchio in cui riflettere le individualità dei personaggi. Antonio (Es), L’alter-ego, un fanciullino che si mette a nudo nella propria crescita e nel ricercare la propria essenza esponendone i propri delineamenti personali oltre che psicologici; Antonino (super-io), lo sguardo oggettivo sulla percezione della realtà, è colui che, secondo la singolare percezione di chi scrive, sembrerebbe incarnare un’ulteriore ritratto dell’alter-ego. Un censore di ogni comportamento dannoso alla propria indole. Quel non-essere che sta lontano da ogni cosa ma che allo stesso tempo rappresenta l’latra faccia della medaglia. Questa depersonalizzazione regola il flusso di coscienza dalla fase giovanile di Antonio verso la fase adulta collimata nella personalità adulta di Antonio Pascale, autore (Io).
La bellezza di tutti i personaggi secondari all’interno de La foglia di fico si evince dalla geniale intuizione di concordarli con i sentimenti stessi dell’autore e delle sue diverse personalità tipiche in quei racconti di vita. Viventi specchi etico – comportamentali. Una ricerca contemporanea del tempo perduto nella scomposizione delle zolle terrestri per ricercare il senso di ogni cosa che, non sta altrove sennonché nel verde che ci fa respirare. Quella conformazione della cognizione umana generata dalle varie eccezioni delle piante.
Il centro della raccolta – La foglia di fico
“Siamo fortemente, biologicamente, legati alle piante, ma pur parcheggiando le nostre macchine sotto le loro chiome, bruciandone il legno, mangiandone i frutti, pur facendo questo e altro, non le conosciamo: peccato, nelle loro radici c’è la nostra eredità, nei tronchi una nota del tempo, atmosferico e cosmico, che dovremmo ascoltare”
La citazione qui riportata rappresenterebbe il fulcro centrale su cui lievita l’equilibrio e l’originalità del libro. Un paragrafo dal sapore di censura e, stesso tempo d’encomio, che inizia con il verbo essere coniugato nella prima persona plurale “noi” tutti gli essere umani, a sottolineare il senso di “comunità”. Noi artefici del nostro tempo presente. Di seguito vi sono due avverbi :”fortemente” e “biologicamente” scelti appositamente per indicare l’invariabilità della nostra indole umana puramente dipendente dalle piante e dal loro linfa vitale. La similitudine della macchina è stata scritta per simboleggiare la nostra indifferenza, proprio come Adamo ed Eva preferiamo guardare verso l’alto per cogliere solamente il frutto senza pensare alla punizione. Il fatto di bruciare questa millenaria eredità è l’apice di un male autoinflitto dalle grandi potenze contro il nostro atto di vivere la vita.
“In effetti, cos’altro sono le ciliegie se non un invito alla vita dopo tanta attesa della vita?
Pigmenti della scrittura
La foglia di fico riesce a congiungere diversi stili letterari da inserire nello sperimentalismo del racconto. Un’originalità in grado di sovvertire qualsiasi regola di scrittura rendendo il testo unico ed elegante. Un’osmosi, tra dialetto e lingua colta, di piccoli sottoinsiemi di narrazioni secondarie, per lo più di vecchi ricordi ritrovati, che convogliano nella presa di coscienza verso la bellezza di vivere e nell’elaborazione della raccolta. Storie di racconti, credenze e frammenti di vita collegati attraverso temi d’attualità, prese di posizioni nette e critiche nei confronti della società. La ricerca di un tempo perduto ritrovato nella staticità del tempo presente considerato nell’atto stesso dello scrivere. Quel senso di smarrimento improvviso legato alla morte fondamentale per riscoprire il senso della vita.
” Uno che aveva capito che la vita può essere a colori, eppure non bisogna affezionarsi troppo, perchè finisce e noi non la controlliamo a dovere: non è l’eroe che fa la vita ma è la vita che fa l’eroe”