Quindici secondi per volta. Amore e morte al Palace Hotel, il nuovo romanzo di Camillo Bignotti
Quindici secondi per volta. Amore e morte al Palace Hotel, un titolo intrigante, per un romanzo che non delude le aspettative. Pubblicato dall’editore varesino Pietro Macchione Editore, è ambientato proprio in quel di Varese, durante la Seconda guerra mondiale, per la precisione nei giorni in cui la città fu bombardata, tra il 1 e il 30 aprile del 1944.
Varese è una cittadina di scarsa importanza, chi potrebbe avere interesse nel bombardarla? Eppure i suoi abitanti dovranno imparare che in guerra nessuno è al sicuro, dovranno imparare a vivere le loro vite “quindici secondi per volta”. Qualcuno cercherà solo di sopravvivere, qualcuno proverà a darsi un senso, a non accettare a testa bassa un destino calato letteralmente dall’alto.
Il lascito della guerra: storie e discorsi inconclusi
Si percepisce che dietro a personaggi di fantasia ci sono ritagli di vita di persone vere, rimescolati in un collage utile ad una narrazione romanzata, ma che riesce comunque a restituire dignità storica a vicende considerate marginali nella Seconda guerra mondiale. La struttura del romanzo è marcatamente corale. Sono tanti, moltissimi, i punti di vista che emergono, a volte si intrecciano tra loro, a volte si interrompono, lasciando un vuoto e una domanda a cui l’autore non risponde. In fondo i bombardamenti hanno interrotto tanti discorsi, che sono rimasti inconclusi, privi di senso.
I convinti e gli scettici
Non si tratta di un romanzo sulla Resistenza, non primeggia la nota contrapposizione tra i fascisti e i comunisti, quanto piuttosto tra i “convinti”, impettiti nelle loro uniformi, e gli scettici, come il protagonista Carlo, reduce della Prima guerra mondiale, “sciancato, zoppo e incazzato con il mondo”.
Di seguito qualche nota descrittiva del tenente Ubaldo:
Uno di quei fascisti della cui devozione anche lo stesso Mussolini si sarebbe stupito. Fedeltà che non si limitava certo al solo nome scelto per il figlio. Era infatti uno dei pochi che malgrado l’Italia fosse ormai spaccata in due, al Sud occupata dagli angloamericani e al nord invasa dai tedeschi, era ancora sicuro che si potesse vincere la guerra.
Il nome dei morti
Da un lato personaggi tutti d’un pezzo, devoti alla causa, sino ai confini tra la persecuzione di un ideale e l’idiozia. Dall’altra un’umanità sgangherata, ammaccata nel corpo e nell’anima, che suscita sicuramente più simpatia. Un esempio per tutti ne è uno dei personaggi più ambigui e misteriosi, il Luserta, che striscia come una lucertola tra le strade della città, declamando frasi senza senso, strambo e inascoltato oracolo dei tempi moderni. È a lui che l’autore affida un compito particolarmente sentito: ricordare il nome dei caduti, urlarli per le strade, numerarli, come per salvarli dall’oblio in cui rischiano di cadere. E così si chiude il libro, dopo il finale del romanzo: con l’elenco, giorno per giorno, degli effettivi caduti sotto i bombardamenti di Varese.