Intervista alla fotografa romana Cecilia Minutillo
Cecilia Minutillo è una fotografa romana che mette al contro delle sue opere il corpo ed il sentire umano. All’interno delle sue opere gli esseri umani, tanto i protagonisti di intensi primissimi piani quanto puntini in lontananza persi nella natura, racchiudono il senso ultimo del messaggio artistico. La formazione accademica di Cecilia è prettamente umanistica e si muove su un binario parallelo a quella più strettamente fotografica, Cecilia Minutillo infatti ha conseguito prima una laurea in Lingue, Culture, Letterature e Traduzione e successivamente una laurea magistrale in Linguistica Applicata. Potremmo dire che tutti questi percorsi convergano verso una stessa ricerca, la scoperta di nuovi linguaggi e nuovi modi di esprimersi. Abbiamo avuto la fortuna di intervistare Cecilia e chiederle qualcosa sul suo percorso.
All’interno delle tue foto la figura umana gioca un ruolo essenziale, da dove nasce la tua idea di estetica?
Non saprei dire precisamente da cosa derivi la mia idea di estetica, credo sia la combinazione di più fattori. In generale, ho avuto la fortuna di essere esposta fin dall’infanzia a molti stimoli artistici, dalle arti figurative al cinema. Credo che dal momento in cui ho iniziato a fotografare io abbia in qualche modo “agito” tutti gli stimoli interiorizzati nel tempo, dando pian piano vita ad un mio stile fotografico. In assoluto, comunque, è vero che l’essere umano è il mio soggetto preferito, sono sempre stata molto attenta e sensibile alla sua bellezza ed al suo dolore. Mi interessa davvero tutto dell’uomo. Voglio scoprire la storia che racconta con gli occhi, voglio esaltare la sua bellezza e dare voce alla sua esistenza nel miglior modo possibile . Credo sia questo ciò che mi muove. Comunque, se devo fare degli esempi concreti di figure artistiche importanti per me, direi senza dubbio Caravaggio per la pittura e Kieslowski per il cinema.
Come è maturato il tuo stile negli anni? Quali solo stati i cambiamenti più significativi ?
Credo che il mio stile negli anni sia maturato in corrispondenza di grandi momenti di crisi e difficoltà. Purtroppo non sono quel tipo di persona che sceglie di superarsi e cambiare modalità senza che un evento molto forte la scuota. Per questo a volte mi capita di temere la tranquillità. Tendo a scavare più nel profondo con la mia fotografia quando mi trovo in situazioni complesse. Ci sono anche momenti di totale silenzio e immobilità ad influire sulla mia maturazione artistica, comunque. Li ritengo altrettanto importanti, perché in quelle fasi di stallo l’anima si riposa per poi donarsi in nuove forme.
Credo, comunque, che con il tempo la mia fotografia sia riuscita a trasmettere messaggi più articolati e complessi rispetto a prima. Per mancanza di esperienza e per paura, infatti, le mie prime fotografie arrivavano ad una comunicazione più superficiale rispetto ad altre. Ora mi sento più soddisfatta di ciò che trasmetto, e sopratutto di come lo trasmetto. Percepisco infatti, di riuscire a toccare punti profondi, che mi interessano di più. So di avere ancora della strada da fare, che il percorso è lungo, ma sono felice di essere in cammino. È il cammino più bello della mia vita.
Torniamo alle origini, come è nata la tua storia d’amore con la fotografia?
Il mio amore per la fotografia credo sia nato prima ancora di fotografare, quando da bambina disegnavo. Amavo molto il disegno, cercavo di rappresentare al meglio quello che più mi colpiva. Credo si trattasse di un modo alternativo di fotografare, in qualche modo. Rappresentavo ciò che i miei occhi di bambina vedevano e desideravano. Dal momento in cui ho cominciato a fotografare, (intorno ai 15 anni) mi sono resa conto di poter davvero creare una realtà parallela, la stessa realtà che da piccola sognavo disegnandola. Da quel momento in poi non ho mai lasciato la fotografia.
Devo molto anche al mio meraviglioso papà, che per primo mi ha messo una macchina fotografica in mano, la sua, che ancora uso per lavorare, spronandomi a fare un tentativo. Senza il suo insegnamento e senza l’amore che accompagnava l’insegnamento stesso non credo che avrei fatto progressi in questo mestiere. Penso sempre a lui quando scatto.
Oltre che di fotografia ti occupi anche di cinema e sogni di diventare direttrice della fotografia, cosa ti affascina di questo lavoro?
Della direzione della fotografia mi affascina la possibilità di raccontare storie in movimento con le immagini e con la luce. Difatti, anche quando penso ad un progetto fotografico, non lo immagino mai statico. È sempre una storia in divenire per me. Ha un inizio ed una fine. È un piccolo film, interiore però. Credo che per questo la direzione della fotografia sia il mestiere più adeguato al mio modo di vedere le cose, perché davvero (e molto semplicemente forse)io vedo il mondo così, in movimento, dinamico. Sogno di poter raccontare ad un pubblico più ampio le storie che immagino e che vedo, illuminandole secondo il mio sentire, sperando di far emozionare chi guarda come è capitato a me di fronte a certi film.
Quali sono i progetti futuri di Cecilia Minutillo?
Nei miei progetti futuri c’è sicuramente una nuova mostra, basata su un progetto che sento molto mio ed a cui tengo profondamente, ed anche la direzione della fotografia di un paio di progetti da me scritti ed immaginati. Sto aspettando di avere tutte le carte tecniche in regola per lavorare al meglio. Per il resto, mi auguro di poter sempre restare una fotografa dentro, continuando a percorrere questo cammino di conoscenza e amore per il mondo che grazie alla fotografia riesco a rendere concreto e tangibile.