Una dialettica continua nella Filosofia
C’è una dialettica continua che attraversa tutta la storia della Filosofia, e quindi dell’Occidente stesso, a voler considerare la Filosofia come un fenomeno tipicamente occidentale che non ha nulla a che vedere con la Weltanschauung di stampo orientale, come suggerisce anche Emiliano Ventura nel suo accattivante saggio Giordano Bruno. Tempo di non Essere (Aracne). E questo, non perché si voglia negare all’oriente capacità speculative di sorta, né perché lo si voglia declassare, come fece Husserl qualche decennio fa, considerando la speculazione orientale differente perché ancora ferma al livello di estraniamento dal mondo. Ciò che ci spinge ad una considerazione di tal sorta, è la semplice constatazione che il modus della Filosofia occidentale è nettamente diverso da qualsiasi altro prodotto cognitivo o speculativo che abbia avuto origine in altre parti del mondo.
Cogliere il fiore
Le parole di Erich From, nella sua opera storica dal titolo emblematico Avere o Essere?, ritornano qui in aiuto, attraverso un’immagine, che rimane sempre il miglior supporto alla comprensione. La sua riflessione suonava più o meno così: davanti ad un fiore, la diversa antropologia che discrimina un occidentale da un orientale si risolve in due azioni radicalmente opposte: mentre l’occidentale ‘raccoglie’ il fiore di campo incontrato per caso, strappandolo con tutte le sue fragili radici al terreno caldo ed umido che lo ospitava, il viandante orientale si limita, invece, a contemplarlo nella grazia della sua visione, senza toccarlo nemmeno, perdendosi nelle sue forme cangianti e nei suoi colori. Fromm deriva questa immagine mettendo a paragone una poesia di Tennyson, poeta inglese del XIX secolo con l’haiku di un poeta giapponese vissuto tra il 1664 e il 1694 (Bashō).
Flower in the crannied wall,
I pluck you out of the crannies,
I hold you here, root and all, in my hand,
Little flower—but if I could understand
What you are, root and all, and all in all,
I should know what God and man is.
Flower in the Crannied Wall – Tennyson (1863)
When I look carefully
I see the nazuna blooming
By the hedge.
Haiku di Bashō (trad. inglese)
Entrambi i poeti si imbattono nella visione improvvisa di un fiore durante una passeggiata in aperta campagna, ma l’atteggiamento è radicalmente diverso. L’atteggiamento occidentale è proprio quello di interferire in qualche modo con il corso delle cose, di ‘guadare il fiume’ tentando addirittura di indirizzarne il flusso. Non accontentandosi di ammirare l’essere, ha bisogno di soggiogarlo, possederlo, in una parola: controllarlo. E, a ben vedere, alcune tracce di questa volontà di potenza innata nell’occidente si trovano anche nella Filosofia, sin dalle sue origini e dai suoi albori. Se le cose stessero davvero così, saremmo addirittura costretti a ridimensionare l’impatto che ha avuto il Capitalismo a partire dalla seconda rivoluzione industriale, e della conseguente e smisurata evoluzione della tecnica. In altri termini, saremmo costretti a riconoscere questi fenomeni quali semplici sintomi storicamente determinati di una tendenza già presente alle origini del nostro pensiero.
L’angoscia del divenire e il Pharmakon della Filosofia
Come ha ben sottolineato anche Emanuele Severino in un lavoro degli anni ’80 Legge e Caso, tutta la storia della filosofia potrebbe ridursi ad un’unica coppia dialettica, quella cioè tra Essere e Divenire. Il divenire è l’evidenza originaria per l’uomo: tutto è in movimento, si muove e cambia, pantharei come direbbe l’Oscuro. E il movimento inquieta l’animo umano, da sempre alla ricerca di stabilità e certezza. Il movimento, infatti, suggerisce inconsciamente all’uomo l’idea che ogni cosa sia destinata mutare, e quindi a perire. Ad un esame il filosofico, il movimento non è altro che il passaggio da essere a non-essere, per poi essere altro ancora. Detto in altri termini: il movimento è la successione delle morti dell’essere che rinuncia a sé stesso per essere altro.
Controllo è volontà di potenza
Questa intuizione sconcertante porta l’uomo di continuo a creare sistemi di idee ed interpretazioni che possano ‘fermare’ il flusso inarrestabile delle cose, e dar loro stabilità, fermezza. Da questa prospettiva, il prodotto maggiormente vantato dalla nostra cultura occidentale, la filosofia, non sarebbe altro che il primo originario tentativo di ‘controllare’ la natura e le cose che ci circondano. La Filosofia oppone, dunque, sin da sempre un Essere al Divenire, nella speranza che le interpretazioni superino la prova del tempo, e che il Divenire stesso si addomestichi e abbandoni la sua pretesa di continuo rinnovamento (che è la morte continua dell’Essere). La Filosofia come prima evidente manifestazione di quell’elemento consustanziale all’Occidente che è la Volontà di Potenza. C’è poco da fare: saremo sempre tentati di raccogliere quel fiore, di assimilarlo e farlo nostro, anziché lasciarlo fiorire nell’insondabile mistero della sua bellezza.