Le opere di Palazzo Barberini- Vanitas e Narciso
Palazzo Barberini è uno musei più famosi di Roma; al suo interno sono innumerevoli le opere di artisti rinascimentali. Tra le tante spiccano quelle di Caravaggio, Tiziano, Raffaello, Tintoretto, Canaletto e di El Greco. Per le magnifiche sale del palazzo, rimaniamo estasiati dalla grande e varia tradizione pittorica. I quadri, anche quelli che rappresentano motivi topici della cultura cristiana (ci sono moltissime tele legate al tema della natalità, ad esempio) sono caratterizzati dal tratto del singolo maestro, tratto che contribuisce a rendere unica ogni opera ivi esposta.
Vanitas e Narciso: lo specchio
In una delle varie sale dedicate alla scuola caravaggesca, nello specifico la seconda, individuiamo due tele, poste una di fronte l’altra. Vanitas e Narciso sono caratterizzate entrambe da un elemento comune: la presenza di uno specchio. Nella prima opera, il cui nome è Vanitas, lo specchio ci è posto davanti come monito alla caducità della vita. La seconda opera è il “Narciso” di Michelangelo Merisi da Caravaggio. Qui lo specchio è rappresentato dall’acqua di quel lago nella quale l’eroe classico troverà la morte. In entrambe le opere il significato di fondo risulta chiaro. Si critica, come era uso al tempo (ce lo dimostrano moltissime altre opere che affrontano il medesimo tema) la vanità, intesa come vizio massimo dell’esistenza terrena ed impedimento maggiore al raggiungimento della gloria celeste.
La vanità è così radicata nel cuore dell’uomo, che ciascuno di noi vuole essere ammirato, perfino me che scrivo queste parole e voi che le leggete.
Blaise Pascal
Vanitas- l’autore
Vanitas è un dipinto suggestivo ma misterioso, a partire dall’identità dell’autore. Questo, di chiara influenza caravaggesca, è stato più volte identificato con i vari pittori attivi a Roma nei primi decenni del secolo. Era in effetti cospicuo il numero di artisti impegnati nella produzione di quadri a lume di candela. Per questo motivo, risultando difficile stabilire la paternità dell’opera, si è scelto di soprannominare tale autore maestro del lume di candela.
Vanitas – descrizione ed interpretazione
Il genere è intimamente meditativo, destinato dunque alla riflessione, persino in senso letterale. La donna, protagonista del quadro, ci indica un teschio, mentre con la sinistra regge uno specchio oscuro. Tuttavia nello specchio non scorgiamo il teschio, bensì il riflesso della flebile fiammella di una lampada che va pian piano spegnendosi. Analizzando bene l’immagine ci accorgiamo di come la candela sia posta su di una clessidra e su dei volumi ormai chiusi. questo quadro è un invito a non dimenticare la morte, e a non trascurare i segni di ciò che ci attende: in pochi notano la bilancia in primo piano, memento del giudizio finale.
Narciso – descizione
Non amiamo mai nessuno. Amiamo solo l’idea che ci facciamo di qualcuno. Amiamo un nostro concetto: insomma, amiamo noi stessi.
Fernando Pessoa.
Il mito di Narciso, invece, conosce numerose rappresentazioni fin dall’antichità. Tuttavia la versione che ne dà Caravaggio risulta assai interessante. Il formato verticale della tela concede infatti al Merisi la possibilità di dare vita ad una figura quasi perfettamente doppia, come fosse una carta da gioco. Interessanti sono i particolari, pochi ma essenziali. Il ginocchio nudo assurge a centro di attrazione visiva dell’intera opera. Attorno a tale centro si dispone, in posizione ad “arco”, il busto di Narciso stesso. Seguendo tale struttura il nostro occhio arriva infine sulla mano dell’eroe, immersa nell’acqua, quasi a presagire lo stato di desiderio destinato a rimanere inappagato.
Narciso – interpretazione
Il soggetto del dipinto è ovviamente il Narciso delle Metamorfosi ovidiane (libro III), cui vanno aggiunti i numerosi volgarizzamenti rinascimentali e le mitografie di fine cinquecento. In particolare viene rappresentato il momento che precede la scoperta dell’inganno: l’immagine che Narciso vede, infatti, non è altro che la sua stessa proiezione. Sono diverse le interpretazioni dell’opera. Alcuni propendono nell’interpretarla come un’allegoria della vista, altri come allegoria della conoscenza di Dio attraverso la conoscenza di sé stessi. In questa sede si propone, anche in ragione del dipinto che si “specchia” di fronte al Narciso, di interpretare la figura come una critica alla vanità. Narciso, infatti, trova la morte a causa del suo stesso aspetto. Gli uomini compiono il peccato proprio per l’ottenimento di qualcosa che ai loro occhi deve risultare bello; Chiaro che un determinato mito dovesse avere un forte e più suggestivo impatto sugli esseri umani del rinascimento, impegnati ancor più di noi, in una lotta contro la propria natura, la quale difficilmente riusciva a trovare sfumature tra il bianco della luce ed il nero delle tenebre.