Cecilia e le streghe, il racconto di un io narrante
Cecilia e le streghe è un romanzo di Laura Conti riedito Fandango nell’ottobre 2021, che fece il suo esordio nella prima stesura del 1958. La stessa Laura Conti, che ha ammesso di essere per gran parte l’io narrante senza nome, dice di aver desiderato con questo racconto sottrarre il malato terminale
alla concezione comune che di lui si ha come di una persona senza più possibilità di vivere storia, di fare storia, ma solo di morire
Cecilia e le streghe
In questo breve, ma intenso e appassionante, romanzo si scorgono forme di amore e di compassione. Una dottoressa, rigida e distaccata per professione, entra nella vita di una malata terminale e arriva ad “annusarne” la paura. La malata è la Cecilia del titolo che è vittima della miseria tanto quanto della malattia. La donna, rimasta senza denaro a causa delle cure, deve scegliere tra la sua salute e sostenere economicamente sua figlia Tea. Cecilia così cade vittima di trafficanti di droga che estorcono ricette mediche a malati terminali.
La negazione del principio
Grazie, ma non c’è nessuno che possa fare qualcosa per me ormai
In un caldo agosto di Milano una dottoressa incontra Cecilia e sua figlia Tea. In virtù della sua professione si accorge subito della malattia della donna e si offre di aiutarla. Dal rifiuto, gentile ma netto, di Cecilia nasce una grande amicizia. Cecilia è costretta a pagare delle cure molto costose e a fare diversi ricoveri presso l’Ospedale del temuto piazzale Gorini. Costretta inoltre dalla malattia a rimanere lontano dalla famiglia diventa dura e isolata, nonostante diverse persone le vogliano bene e tentino di starle vicino. Per la dottoressa il rapporto insolito con Cecilia è un’occasione per riflettere sulla malattia, sulla scienza, sulla medicina, sull’impegno politico, sul valore individuale della vita e soprattutto sulla morte
Io-narrante e autrice
L’intera vicenda di Cecilia è narrata dal punto di vista di una dottoressa che incarna una sorta di io-narrante e si fa portatrice del pensiero di Laura Conti. La dottoressa si accorge della presenza di due donne sospette nella vita di Cecilia che vengono mandate a casa sua per ritirare ricette di morfina da consegnare alla poveretta. Le due strozzine arriveranno a sconvolgere la libertà sia di Cecilia sia della dottoressa appostandosi sotto casa per costringerla a firmare ricette mediche e procurarsi la droga. Laura Conti le chiama argutamente “streghe” o ancora “insetti”, cieche e maligne, ingranaggi di una società meschina e soffocante, che si contentano di contrabbandare le ricette dei malati terminali.
Correva l’anno 1957
Laura Conti racconta di un anno passato insieme dalle due donne, in un flusso continuo di scoperta del sé, di opinioni contrastanti, di pietà, conforto e sofferenza. Tutta la storia si svolge a Milano, nel caldo e asciutto agosto del 1957, dove Cecilia è con sua figlia per incontrare un brillante professore che può permetterle di passare ancora un po’ di tempo con la sua amata Tea. L’anno nel quale è ambientato il romanzo è palesato da molti riferimenti diretti: le due protagoniste infatti commentano insieme il lancio del satellite Sputnik il 4 ottobre 1957. Dalla conversazione e dai comportamenti di Cecilia si evince totale fiducia e sostegno per il partito comunista che sarà oggetto di profondo dibattito da parte dell’io-narrante.
Il diritto di morire
“Non si dovrebbe ucciderla? ucciderla per pietà? Stanotte ha sempre chiesto: fatemi morire!”
Laura Conti affronta il tema dell’eutanasia parlando da medico: condivide il rifiuto della vita sofferente del malato, la sua libertà di scegliere la morte, ma porta alla luce la posizione del medico che non è mai libero, non potrà mai dare la morte, non potrà acconsentire mai neppure a chi chiede implorando. Questo è esplicitato anche tramite l’incontro tra Cecilia e Isabella, un’altra paziente terminale ricoverata nella stessa clinica. La protagonista prova forti sentimenti di pietà e di compassione tanto da arrivare a chiedere alla sua amica medico di uccidere Isabella.
L’autrice
Laura Conti nasce il 31 marzo 1921 a Udine e dall’età di sei anni va a vivere a Milano con la famiglia per sfuggire alle persecuzioni fasciste. Nonostante le difficoltà economiche e gli ostacoli imposti dal regime riesce ad avere un’istruzione brillante e a laurearsi in Medicina. Viene deportata nel lager nazista di Bolzano nel 1944, nel quale prende parte ad un comitato clandestino fino alla Liberazione battendosi poi con la Resistenza.