M-Il mostro di Dusseldorf di Lang
L’undici maggio del 1931, nel cinema berlinese UFA-Palast am Zoo, viene proiettata la prima del film M, conosciuto in italiano col titolo M-Il mostro di Dusseldorf. È un punto chiave non solo della cinematografia tedesca e mondiale, ma rappresenta anche un importantissimo documento storico del tempo. Il regista è Fritz Lang, già autore celeberrimo di pietre miliari della storia del cinema come Metropolis del 1927 e Il dottor Mabuse del 1922. Il film racconta, in una imprecisata città tedesca (solo nella versione italiana è Dusseldorf) delle sparizioni e degli omicidi di alcune bambine e della psicosi di massa che questi eventi portano nella città. La polizia ricerca ovunque il responsabile di questi atroci delitti, andando più volte a scomodare i vari noti delinquenti che, a loro volta, non potendo più fare il loro lavoro a causa dei continui e inaspriti controlli, decidono anche loro di mettersi alla ricerca dell’assassino.
L’innovazione del sonoro
Il film è un noir, genere che nel cinema è espresso attraverso un sapiente utilizzo delle luci e delle ombre, dove la città è protagonista stessa della storia e che racconta molto spesso di un’indagine o di un mistero. È anche il primo film sonoro di Lang, elemento importantissimo non solo per l’innovazione tecnica, ma anche per alcuni mezzi sonori che il regista usa per far accrescere la tensione, uno tra tutti è il disturbante fischiettio che preannuncia l’arrivo dell’assassino, o l’inquietante filastrocca cantata da alcuni bambini all’inizio del film (elemento ripreso in futuro da altri grandi registi, uno tra tutti Wes Craven nel film del 1984 A nightmare on Elm Street).
Scappa monellaccio che viene l’uomo nero col suo coltellaccio per tagliare a pezzettini proprio te!
M e la germania nazista vista da Lang
Oltre ad essere un’opera fondamentale nel cinema, lo è anche a livello storico. Nel 1933 Hitler avrebbe iniziato la sua ascesa al potere in Germania, e il Nazismo avrebbe commesso barbarie senza nome. Ma anche precedentemente a quegli anni, la Germania stava vivendo diversi drammi. La prima guerra mondiale aveva portato una grandissima povertà e negli anni Venti, due assassini seriali (ai quali si ispira il film), avrebbero sconvolto le vite dei tedeschi: Fritz Haarman e Peter Kürten. Peter Kürten fu ghigliottinato nello stesso anno in cui uscì il film. Da determinati studi, si è scoperto fosse affetto da ciò che venne definito vampirismo clinico, che comporta il piacere e il bisogno di vedere e ingerire sangue, legato anche ad una componente sessuale. Le ultime parole dell’assassino al suo psichiatra, furono:
Mi potrebbe dire se una volta che la mia testa è stata tagliata sarò ancora in grado di sentire il suono del mio sangue uscire dal ceppo del collo? Questo sarebbe il piacere di tutti i piaceri[1]
Il sentimento di vendetta
Il film dunque è un documento storico fondamentale perché mostra la volontà di Lang di descrivere il suo tempo. Da una parte, in una Germania sempre più povera, assassini misteriosi paragonati a esseri diabolici e soprattutto non umani, dall’altra la necessità di qualcuno che fermi e punisca queste malvagità. La chiave di lettura del film è composta da due domande: abbiamo il potere di punire chi commette atroci delitti? E, soprattutto, chi è che deve farlo? Il primo tema fondamentale è questo, particolarmente espresso nella scena finale.
Allarme spoiler
Una volta catturato, l’assassino è portato davanti a un tribunale improvvisato di criminali e genitori desiderosi di vendetta. Proprio in quest’ultima scena, nelle storiche parole del mostro, interpretato da Peter Lorre (pseudonimo di László Löwenstein) in una delle prove attoriali più importanti di sempre, che esce fuori l’altro tema fondamentale del film: è l’essere umano responsabile della sua natura? Può egli ovviarne quando essa si rivela malvagia? Ha delle colpe per come egli è?
Quando… quando cammino per le strade ho sempre… la sensazione che qualcuno mi stia seguendo. Ma sono invece io che inseguo me stesso. Silenzioso, ma io lo sento. Sì, spesso ho l’impressione di correre dietro a me stesso. Allora, voglio scappare! Scappare! Ma non posso, non posso fuggire! Devo, devo uscire ed essere inseguito! Devo correre, correre!
Per strade senza fine! Voglio andare via! Voglio andare via! Ma con me corrono i fantasmi… di madri, di bambini… Non mi lasciano un momento! Sono sempre là! Sempre! Sempre! Sempre! Soltanto quando uccido. Solo allora… E poi non mi ricordo più nulla. Dopo… dopo mi trovo dinanzi ad un manifesto e leggo tutto quello che ho fatto. E leggo, leggo… Io ho fatto questo? Ma se non ricordo più nulla! Ma chi potrà mai credermi? Chi può sapere come sono fatto dentro e cos’è che sento urlare nel mio cervello e come uccido?! Non voglio! Devo! Non voglio! Devo! E poi, sento urlare una voce… e io non la posso sentire!
Lang e il suo tempo
La storia tedesca e mondiale successiva a questo film ci hanno dimostrato che le tematiche presenti in questo film non erano casuali. Una delle strategie naziste fu quella di fare leva sui sentimenti di vendetta dei tedeschi, sulla necessità di eliminare determinati individui responsabili di determinati mali, e che le persone malate vanno eliminate. Lang sarebbe dovuto scappare negli Stati Uniti, come tanti altri artisti, e la rabbia e la frustrazione della gente espressa nel film sarebbe esplosa. Le domande continuano ad essere attualissime, rimane sempre difficile riuscire a capire fino a che punto un essere umano sia tale e se ognuno di noi possa raggiungere determinati livelli di malvagità.
[1] Wikipedia
Articolo di
Matteo Genova