Una traduzione di The Giver – un mondo in cui riscoprirsi
Nel mese di aprile abbiamo parlato del genere distopico analizzando in particolare il romanzo di Suzanne Collins, The Hunger Games. In questo articolo, invece, abbiamo deciso di dedicarci al romanzo The Giver della scrittrice statunitense Lois Lowry, pubblicato nel 1993. Come anche per molti altri romanzi distopici, ne è stato tratto un film nel 2014 con protagonisti, in questo caso, Brenton Thwaites e Jeff Bridges.
Oltre l’azione
The Giver è un romanzo distopico un po’ particolare in quanto più che l’azione, sembra essere posta in primo piano la psicologia umana. La scrittrice, infatti, mette in scena un mondo dove le persone non sanno più cosa siano i colori, la musica, le emozioni ecc., e attraverso un’iniezione quotidiana, i sentimenti vengono inibiti, lasciando spazio ad un mondo grigio fatto di ordine. Nessuno sceglie a quale famiglia appartenere ne quale lavoro svolgere nella vita e il rispetto regna tra le persone.
Essere non umano
Particolare figura che emerge tra i personaggi è quella del Giver, custode dei ricordi del mondo. Durante la Cerimonia dei dodici, il giovane protagonista Jonas viene eletto come suo successore: da questo momento in poi, tramite l’accesso ai ricordi, inizia a scoprire tutte quelle sensazioni ed elementi che facevano parte del passato e alle quali è negato l’accesso al mondo presente, come l’amore, i colori, la neve ecc. Insomma, non solo scopre cosa significhi essere un umano ma anche il mondo di un tempo, quando non splendeva sempre il sole ed esistevano anche la guerra e il dolore. La conseguenza? Jonas non riesce a tornare alla vita di prima e la sua sete di conoscenza diventa sempre più grande. Dunque, questo romanzo, oltre ad avere una trama affascinante e piacevole da leggere, ci permette di riflettere sull’uomo stesso, sui suoi istinti naturali e sull’importanza dei sentimenti. Può un essere umano vivere senza tutto questo?
La traduzione
Abbiamo deciso di tradurre un estratto tratto dal capitolo VII del romanzo The Giver di Lois Lowry. Durante la Cerimonia dei dodici, momento importante in cui ai ragazzi viene assegnato il mestiere che praticheranno per il resto della loro vita, Jonas viene chiamato per ultimo. Per lui gli Anziani, infatti, hanno riservato un compito speciale: diventare il prossimo “Giver”. Riuscirà a sopportare il peso del lavoro o fallirà come Rosemary (interpretata al cinema da Taylor Swift), l’allieva scelta prima di lui?
Alcune scelte traduttive
Riportiamo di seguito alcune scelte traduttive: visto che abbiamo iniziato la traduzione da metà capitolo, abbiamo deciso di tradurre “Twenty”, he heard her voice say clearly” con “Venti”, sentì quella voce femminile pronunciare chiaramente” per contestualizzare la scena e per far capire ai lettori che c’è una voce femminile che parla e chiama i ragazzi uno ad uno.
Per quanto riguarda “had the thought”, l’abbiamo reso in italiano con “lo sperava” per dare l’dea che Jonas spera che quella voce abbia sbagliato anche se sa che non è così.
La scelta di traduzione per “Not at the Ceremony of Twelve” è stata “Soprattutto, non alla Cerimonia del dodici” aggiungendo l’avverbio “soprattutto” dato che in inglese il “not” posto a inizio frase ha un valore enfatizzante.
Infine, abbiamo tradotto “He saw the others in his group glance at him, embarrassed, and then avert their eyes quickly. He saw a worried look on the face of his group leader” con “Vide gli altri del suo gruppo che lo guardavano, imbarazzati, così distolse velocemente lo sguardo. Intravide un’espressione preoccupata nel volto del leader del suo gruppo”, rendendo “look” con “espressione” per non ripetere il sostantivo “sguardo” già usato in precedenza. Il nostro scopo era quello di utilizzare due diversi sostantivi nel testo di arrivo come in quello di partenza.
Traduzione di un estratto del capitolo VII di The Giver di Lois Lowry
“Venti”, sentì quella voce femminile pronunciare chiaramente. “Pierre”.
Mi ha saltato, pensò Jonas, sorpreso. Aveva sentito male? No. Calò un silenzio improvviso tra la folla, e capì che tutta la comunità aveva realizzato che il Capo degli Anziani era passato da Diciotto a Venti, lasciando un vuoto. Alla sua destra, Pierre, con sguardo spaventato, si alzò dalla sedia e si diresse verso il palco.
Un errore. Quella voce aveva commesso un errore, ma Jonas sapeva, anche se lo sperava, che non era così. Il Capo degli Anziani non sbagliava mai. Soprattutto, non alla Cerimonia dei dodici.
Si sentiva stordito e non riusciva a concentrarsi. Non sentì quale Incarico ricevette Pierre, e si accorse solo vagamente dell’applauso quando il ragazzo tornò al suo posto, indossando il nuovo badge. Poi: Ventuno. Ventidue.
I numeri seguirono in ordine. Jonas era seduto, confuso, mentre si andava avanti con i trenta e poi i quaranta, quasi alla fine. Ogni volta, ad ogni annuncio, il suo cuore sussultava un istante e faceva pensieri strani. Forse ora la voce avrebbe chiamato il suo nome. Jonas poteva aver dimenticato il suo stesso numero? No. Era sempre stato il Diciannove. Sedeva nel posto con scritto Diciannove.
Eppure, lo aveva saltato. Vide gli altri del suo gruppo che lo guardavano, imbarazzati, così distolse velocemente lo sguardo. Intravide un’espressione preoccupata nel volto del leader del suo gruppo.
Strinse le spalle e cercò di farsi piccolo piccolo sulla sedia. Voleva sparire, scappare da quel posto, non voleva più esistere. Non osava voltarsi e trovare i suoi genitori tra la folla. Non poteva sopportare di vedere le loro facce scure per la vergogna.
Jonas abbassò lo sguardo e cercò una risposta nella sua mente. Dove aveva sbagliato?