Alessandro Ziantoni, classe ’81, la fotografia che nasce da una grande passione. I suoi scatti riescono a catturare in modo sorprendente la luce e i colori donando immortalità ad attimi terreni che, altrimenti, andrebbero persi. Per poter ammirare le sue opere, date un’occhiata alla sua pagina Facebook, nel frattempo conosciamo meglio Alessandro e l’arte della fotografia attraverso le sue risposte.
Come nasce la tua passione per l’arte della fotografia?
La mia passione per la fotografia penso di averla ereditata da mio padre. Anche per lui era una passione, non una professione. Prima che io nascessi, già trafficava con diapositive, macchine analogiche, obiettivi e addirittura possedeva una macchina fotografica subacquea. Tutta attrezzatura che possiede tutt’ora, gelosamente conservata. Fin da piccolo quindi ho vissuto a contatto con la fotografia e diversi anni dopo mi sono avvicinato anche io a questo mondo, approdando direttamente alla fotografia digitale, iniziando con una prima fotocamera compatta di casa Canon.
Quanto tempo hai impiegato per ottenere i primi risultati?
I primi risultati sono arrivati quasi subito. Ho fatto un corso di fotografia con Formazione Fotografica e i miei due maestri, Glauco Dattini e Marco Fulli, si sono accorti subito che avevo il cosiddetto “occhio fotografico“. Come piace dire a me, i fotografi sono in grado di vedere cose che gli altri non vedono. Il problema è che mi mancava la tecnica. Ho iniziato il corso ad aprile del 2015 e già a giugno dello stesso anno scattavo con cognizione di causa: dopo aver capito il funzionamento della reflex e degli obiettivi e dopo aver imparato alcune tecniche, complice anche l’occhio fotografico già sviluppato, direi che il passo dal realizzare foto qualsiasi a delle foto di un certo tipo è stato breve. Chiaramente questa è una cosa soggettiva: probabilmente io sono più predisposto verso la fotografia e questo mi ha permesso di impiegare pochissimo tempo per ottenere dei risultati.
Ritratti, monumenti, paesaggi. Come scegli i soggetti delle tue foto?
Non ho un criterio preciso con cui scelgo i miei soggetti, più che altro parlerei di una scelta tra i vari generi fotografici che si possono praticare. Dopo un viaggio fotografico che si è svolto in Islanda, a marzo dello scorso anno, ho scoperto la fotografia paesaggistica e da allora utilizzo spesso delle app per pianificare i miei scatti in giro per Roma, quindi scelgo le location in base al movimento del sole all’alba o al tramonto. Lo stesso discorso vale anche quando si esce da Roma, per esempio per fotografare la Via Lattea: in quel caso diventa necessario un vero e proprio viaggio fotografico di due, tre giorni, pianificato nei minimi dettagli basandosi sul movimento della Via Lattea e di come questa si accosta agli elementi presenti sul terreno (montagne, edifici, ecc.…). Altri due generi fotografici che pratico molto sono la fotografia di musica dal vivo e la street photography: sono accomunati dal brivido dell’imprevedibilità. Non sai mai in cosa puoi imbatterti e quindi devi essere bravo e veloce a cogliere il momento giusto.
Quanto tempo ci vuole per dar luce allo scatto perfetto?
Secondo me lo scatto perfetto non esiste. La fotografia è molto soggettiva, quindi quello che può essere bello per me, magari è brutto per altri. Inoltre, non c’è un tempo preciso per scattare una foto. Per esempio, la fotografia faunistica richiede una gran dose di tempo e di pazienza: tempo fa lessi un articolo in cui si parlava di un fotografo scozzese che ha impiegato 6 anni e 720mila scatti per cogliere l’attimo preciso in cui il martin pescatore si tuffa in acqua. Al contrario, ci sono foto che rimangono nella storia seppur scattate in un attimo: basti pensare alla celebre fotografia di Pennie Smith, che ritrae il bassista dei Clash che fa a pezzi lo strumento sul palco. Quella foto è stata usata dalla band per l’album “London Calling” e la foto, nonostante sia sfocata e tecnicamente non perfetta, è riconosciuta come la miglior fotografia rock and roll di tutti i tempi.
Nel corso degli anni hai ricevuto dei riconoscimenti?
Sì, nel gennaio 2016 mi sono classificato in seconda posizione nel concorso fotografico “Mercati Rionali – Volti, gesti, colori di vita quotidiana” con la foto “La cura del carciofo”. È stata comunque una bella soddisfazione, perché non me l’aspettavo. Inoltre, dopo la premiazione, molti dei presenti si sono complimentati dicendomi che avrei meritato anche la vittoria! Un’altra soddisfazione l’ho ricevuta da un artista molto importante, Geoff Westley. Si tratta di uno dei più grandi arrangiatori a livello europeo ma anche un tastierista che in passato ha collaborato con artisti del calibro di Lucio Battisti, Fabrizio De Andrè, Bee Gees, Phil Collins e tanti altri. Dopo averlo fotografato in un concerto di beneficenza a favore delle vittime del terremoto di Amatrice, mi ha telefonato chiedendomi di poter acquistare alcune di quelle foto: successivamente, una di queste foto è stata pubblicata nel booklet che accompagna il suo ultimo disco, dal titolo “Does what it says on the tin”.
Quindi, che ruolo ha la fotografia nella tua vita?
Direi che gioca un ruolo molto importante, praticamente occupa buona parte del mio tempo libero. Sono uno dei soci fondatori di Formazione Fotografica, l’associazione culturale nata dallo stesso corso di fotografia a cui ho partecipato nel 2015, e mi occupo dell’organizzazione di uscite e workshop, anche se naturalmente l’attuale emergenza sanitaria non ci sta facendo lavorare nel pieno delle nostre possibilità. Mi occupo anche e soprattutto di fotografia di concerti. Sono il fotografo ufficiale di due progetti a cui tengo moltissimo. Il primo è Sopra c’è Gente, una rassegna di canzone d’autore ideata da Fabrizio Emigli, il direttore artistico, che si tiene ogni venerdì sera presso l’Antica Stamperia Rubattino, nel rione Testaccio.
Si tratta di una serie di concerti che si svolgono in uno spazio libero dove chiunque può proporre la propria musica, seguendo così la filosofia e le orme del Folkstudio, il mitico locale in cui negli anni ‘70 fecero i loro esordi artisti come Venditti e De Gregori. Il secondo progetto è la Scooppiati Diversamente Band. Perché “diversamente”? Perché si tratta di una band integrata, nata all’interno della cooperativa H Anno Zero, composta da ragazzi diversamente abili e ragazzi normodotati. Penso che la musica sia un importante canale attraverso il quale si può trasmettere un messaggio di inclusione sociale e la Scooppiati Diversamente Band è nata proprio con questo scopo.
Perché spesso si ricorre al computer per ritoccare le fotografie?
Nel mio piccolo non faccio mai modifiche estreme: magari posso aumentare un po’ il contrasto, l’esposizione o giocare un po’ con i colori andando ad enfatizzarli o a smorzarli, ma non stravolgo mai le mie fotografie.
C’è un fotografo in particolare che ammiri più degli altri? Per quale motivo?
Steve McCurry. Amo il modo in cui compone le sue immagini e il modo in cui usa i colori. E poi il ritratto della ragazza afghana è qualcosa di meraviglioso!
La fotografia è una forma d’arte ed è in grado di influenzare il mondo. Sei d’accordo?
Sono totalmente d’accordo. Basti pensare, per esempio, alle foto scattate dagli americani quando sono entrati nei lager: è attraverso quegli scatti che il mondo ha scoperto le atrocità commesse all’epoca dai tedeschi. Mi vengono in mente anche le foto scattate ad Hiroshima o la famosa foto dell’uomo che ferma i carri armati in Piazza Tienanmen. Penso che le fotografie siano da sempre lo strumento attraverso il quale è possibile mettere nero su bianco ciò che l’uomo ha fatto nel corso della sua storia, nel bene o nel male.