Il 7 maggio è uscito il nuovo album di Caparezza, la cui canzone d’apertura, Exuvia, fa anche da title track. Il testo ci parla della scoperta, da parte dell’autore, di un nuovo io, con il quale adesso si identifica. L’esuvia, in zoologia, è ciò che resta della muta di alcuni animali (rettili, crostacei, insetti), che si lasciano alle spalle una membrana che resta intatta, il perfetto calco di ciò che erano. Caparezza, dunque, si spoglia, e attraverso questa canzone parla del processo, soprattutto interiore, che lo ha portato a non riconoscersi più in quella sua vecchia forma, e a poter finalmente uscire “fuori di sé“.
Scoprirsi nella ricerca
La ricerca di Caparezza, nella prima strofa, comincia in una notte che “chiama nel bosco“. L’immagine del bosco, o della foresta, è da sempre un significativo topos letterario. In particolare, l’autore è sempre stato affascinato dalle ambientazioni e dai personaggi danteschi: in questo bosco, potremmo quindi ritrovare anche la selva oscura. Essa spaventa, ma allo stesso tempo è necessario attraversarla, per poter proseguire il proprio cammino di ricerca fino alla luce della conoscenza di sé.
Il cammino della ricerca interiore non è affatto facile. Caparezza lo descrive come una vera e propria trivellazione: egli scava dentro di sé così tanto che schizza petrolio. Il petrolio definisce la profondità di questa penetrazione nel proprio io. Trovatosi davanti a sé stesso, l’autore si pone di fronte al proprio passato, tra senso di colpa (“Mea culpa“) e un perdono che si auto-concede (“Ego me absolvo“).
Fuori di me, exuvia, spiego le ali, au revoir
Scoprirsi e non riconoscersi
L’indagine interiore porta ad un risultato: la vecchia vita, la vecchia forma, è lì e l’autore non si riconosce più in essa. “Guardo i video che ho fatto, ho la voce e l’aspetto di un altro […] Quello che è stato l’ho già silurato”. Immagino Michele Salvemini (il nome anagrafico di Caparezza) guardarsi allo specchio come il Vitangelo Moscarda di Pirandello, e scoprirsi diverso: scoprirsi frammentato, uno, nessuno e centomila, e non più uguale a ciò che era. Questo non corrisponde, tuttavia, a una damnatio memoriae. L’autore non vuole condannare ciò che è stato, prende solo atto di non corrispondere più a quella immagine di sé stesso, in continua evoluzione.
Non dimentico le radici perché tengo alle mie radici
ma ci ritornerò quando sarò inumato
Scoprirsi nella rinascita
La scoperta di non essere ciò che si era porta alla consapevolezza di essere qualcosa di nuovo. Exuvia è metamorfosi, è rinascita. Nel percorso rappresentato da questo album, ci sono diversi momenti significativi, come la canzone La Scelta, che sembrano suggerire che l’autore abbia trovato una forma nuova entro cui crescere. Possiamo immaginare che il suo vitalismo, probabilmente, lo costringerà ad uscire anche da quella forma, in futuro, ma per il momento può dire di essere:
contento della scelta che ho fatto
nemmeno un rimorso, nemmeno un rimpianto
Sì, sono contento, che bella scoperta
non serve nient’altro che fare una scelta.
Il cambiamento è una regola della vita terrestre. Il cambiamento può essere totale, radicale come per un bruco che diventa farfalla. La crescita è mutazione, cambiamento. Quindi sembrerebbe tutto naturale, anzi coerente con la natura delle cose di questa vita, di questa esistenza terrestre. Infatti tutto muta, dagli esseri viventi a tutto ciò che non è vivente, come i paesaggi, le montagne, i paesaggi fino a ciò che mai è uguale a se stesso come il mare.
Tale attitudine al cambiamento è naturale, originale ma spesso spaventa, turba, inquieta fino ad essere rifiutata (e quindi vai di botulino!).
Forse tale paura fa da contro altare ad un allontanamento dalla natura che noi, esseri umani del 2000, abbiamo sviluppato. Quando il mutamento arriva quindi o si rifiuta ostinandosi, irrigidendosi in modo marmoreo, opponendosi con tutto se stessi, deformando cosi la propria natura oppure, più saggiamente, si accetta.
Infine credo che l’accettazione non debba passare indifferente, scontata ma debba essere sentita, vissuta, decantata e festeggiata!
Quindi ben venga un album per descriverla….quindi grazie per la riflessione, dell’ultima opera di un grande autore che…..che viene dalla luna!
p.s. Nella trattazione letterale mi piace da sempre riflettere sulla figura dei nani che venerano un Dio fabbro e scultore, che venerano la roccia granitica ed il ferro per la sua immutabilità, resistenza alla mutazione. E come questa visione deformi i nani, la loro visone del mondo, da cui rifugeranno nel sottosuolo.