L’intervista a Maria Carmela, che, insieme a sua sorella Angelica, gestisce la Legatoria Prampolini e la libreria Vicolo Stretto di Catania.
Ho conosciuto la libreria Prampolini quando andavo al liceo. Ci portarono in gita a visitare le realtà storiche di Catania, perché al tempo la Prampolini era ancora questo: un luogo d’incontro che portava avanti la tradizione della libreria-legatoria fondata nel 1894, stracolmo di vecchi volumi, un po’ impolverati. Chiunque subiva il fascino di quest’atmosfera antica, ma solo pochi appassionati di antiquariato la frequentavano realmente.
Potrete quindi immaginare il mio entusiasmo nel vedere quanto questa libreria sia riuscita a rinnovarsi, pur mantenendo il suo fascino storico. A salvare la Prampolini dalla chiusura certa è stato l’impegno delle sorelle Sciacca, Maria Carmela e Angelica, già proprietarie della Libreria Vicolo Stretto. È Maria Carmela ad accogliermi con ospitalità all’interno della rinnovata libreria Prampolini. Simbolo di una rinascita per la città, ma anche personale, come mi racconta Maria Carmela:
La Prampolini ha una dimensione del possibile: racconta la possibilità di poter diventare qualcosa di nuovo. Ha una sua identità molto forte, che è quella della libreria storica, ma è anche rinascita. Io ho seguito il cantiere mentre ero in chemio, quindi per me è la libreria della mia vita, del ritornare alla vita.
Come siete arrivate qui?
Io e mia sorella venivamo da studi diversi: io laureata e specializzata in comunicazione; Angelica si era iscritta a sociologia e poi ha abbandonato gli studi, perché abbiamo aperto la libreria quando lei aveva 23 anni e io 27. La Vicolo Stretto esisteva già da un anno, ma il proprietario, che doveva gestire anche un’altra libreria in centro, faticava a seguire le due attività contemporaneamente. Così, mi propose di acquistarla. Io ero tornata da pochissimo dalla Spagna, disoccupata… Mi sono lanciata in questa impresa senza aver alcun tipo di aspettativa o di sogno nel cassetto, nessun senso di scommessa o rivincita. Mi piaceva l’idea, e basta.
Legatoria Prampolini e Vicolo Stretto: qual è il rapporto che hanno i lettori con le due librerie?
La Vicolo Stretto compie il 16 luglio dieci anni. La Prampolini, invece, è stata aperta nel settembre 2019, quando l’abbiamo rilevata: prima aveva un’impostazione antiquaria, che qui a Catania non funzionava. Tra le due, è la libreria più spaziosa, dove i lettori hanno più libertà di gironzolare tra gli scaffali e, di conseguenza, chiedono meno consigli a noi libraie. Nella Vicolo, invece, essendo gli spazi più piccoli e i libri più selezionati, i clienti sono maggiormente stimolati a rivolgersi a noi.
E, invece, che rapporto avete voi con i lettori?
Quando tutto questo finirà, mi piacerebbe organizzare una festa, per ringraziare tutte le persone che ci vogliono bene. Quando nel 2019 ho avuto un cancro, ho sperimentato la prima vicinanza di una comunità: non mi aspettavo che le persone che frequentavano la libreria si dedicassero con tanta cura a me e mia sorella. È stato commovente ricevere un tale supporto da persone per cui, in fin dei conti, ero solo un’estranea. Lì ho capito che avevamo creato una comunità.
E poi c’è stato il Covid…
Se non ci fossero state le persone che hanno continuato a vivere le nostre librerie e che ci hanno supportato a livello economico, noi non saremmo qua. Adesso che le cose cominciano a riprendere i ritmi, arrivano nuovi clienti. La gente può spostarsi in città, vede le vetrine, ci conoscono dai social…
2019 e 2020 sono stati anni che hanno dimostrato l’esistenza di quella comunità che ci sostiene. E non perché sei piccola, indipendente, “poverina” – per un fattore ideologico –, ma perché apprezzano il lavoro che fai, perché sei una professionista, perché rispondi a un loro desiderio.
In che modo avete mantenuto vivo questo legame con la vostra comunità?
Durante la pandemia ci siamo date da fare in ogni modo: abbiamo reso ancora più attivo “Libro Lesto“, un servizio di consegna libri a domicilio, che esisteva già da due anni. In più, abbiamo aderito a “Libri da Asporto“, un network di librerie e editori che ci ha permesso, nella prima fase, di spedire gratis, sia per noi che per i lettori. Il progetto, nato da un’agenzia di promozione libraria, funziona così: ogni editore ha finanziato la creazione di una cassa comune, con cui si sono pagate le spedizioni per i primi mesi. Adesso noi paghiamo un abbonamento annuale e gli editori continuano a contribuire. Questo fondo ci permette di spedire a tariffe molto agevolate (3 euro contro i 6 euro standard). Grazie a “Libri da Asporto”, siamo riuscite a realizzare il nostro sito internet e a creare un punto di riferimento per i lettori.
Croce e delizia del mestiere del libraio?
La croce è l’inseguimento del numero. Non basta solo la passione: per tenere in piedi una libreria devi necessariamente avere a che fare con i numeri, con la calcolatrice, ogni giorno. Il margine di guadagno è bassissimo. Io e Angelica abbiamo avuto momenti di enorme sconforto, perché non avevamo un confronto con altre imprenditrici, siamo al Sud, ci sentivamo isolate, e non c’era nessuna come noi a cui poter chiedere consiglio. Essere un libraio non è un gioco: le librerie hanno senso se dietro ci sono delle persone che sanno fare il loro mestiere con professionalità. Ci vuole tempo prima di avere una solidità professionale. L’esperienza è fondamentale.
La delizia è il fatto di sentirsi perennemente dentro la realtà, perché la letteratura indaga quello: la realtà che è passata, la realtà che è presente, o l’immaginazione della realtà futura. Io non ho mai la sensazione di essere fuori tempo.