1979 e Italo Calvino pubblica per Einaudi il suo romanzo Se una notte d’inverno un viaggiatore in cui il protagonista è il Lettore
«Devi sempre finire quello che inizi» ci sentiamo ripetere da quando abbiamo memoria, dai genitori, dagli insegnanti, dalla vocina dentro la nostra testa. Ma è così assurdo pensare di non finire, invece, ciò che cominciamo? Nel 1979 Italo Calvino pubblica per Einaudi il suo romanzo Se una notte d’inverno un viaggiatore. Il protagonista è il Lettore, quindi potenzialmente ciascuno di noi, che tenta di finire di leggere il libro che ha iniziato e che, per un errore di stampa, si interrompe dopo l’incipit. La sua avventura sarà costellata dal ritrovamento di un incipit dopo l’altro, tutti appartenenti a romanzi completamente differenti, senza mai riuscire a leggere la storia completa di nessuno di essi. Quante volte, nella nostra vita, abbiamo cominciato una storia, una passione, una relazione, un percorso, che poi non abbiamo concluso? Magari ci è mancata la forza di proseguire, oppure è sopraggiunta l’irrequietezza del cambiamento; l’hobby che pensavamo fosse fatto proprio per noi ad un tratto ha smesso di incuriosirci; il racconto che abbiamo cominciato è rimasto fermo, a pagina 10, nella sua cartellina word; la possibilità di una storia d’amore si è spenta prima ancora che essa potesse cominciare.
La nostra frustrazione deriva dal fatto che qualcuno ci ha convinti che ogni cosa che inizia debba trovare una sua conclusione. È questo che indispettisce il Lettore del romanzo di Calvino, l’avvilimento del cercare, inseguendo un incipit dopo l’altro, il finale delle sue storie. Ma un inizio, che resti solo questo, non è mai davvero inappagante e inappagato. La somma di tutti gli inizi di tutti i racconti, le relazioni, le diete, gli hobby, i buoni propositi, le strade, che abbiamo intrapreso nella nostra vita danno il risultato della nostra intera storia. Noi siamo fatti anche di questo, di storie mai concluse, e questo non ci rende incompleti, ci rende ricchi, come un romanzo scritto da Calvino. Non per niente, alla fine di Se una notte d’inverno un viaggiatore, il Lettore mette insieme, addiziona, i titoli di ogni singolo incipit che ha letto durante la sua avventurosa ricerca: uno dopo l’altro, quei titoli, formano un periodo di senso compiuto, una frase piena di significato e di per sé letteraria.
Siamo, forse, la somma di ogni nostro incipit e questa somma dà sempre la cifra del nostro senso compiuto, non incompleto. Per finire, racconto un aneddoto. Puccini morì prima di finire di comporre la Turandot. Fu poi completata da un altro compositore, ma, nonostante ciò, il maestro Toscanini, durante la prima messa in scena dell’opera alla Scala, s’interruppe proprio dove Puccini si era interrotto nel comporre. Disse che per lui l’opera finiva lì:
Qui finisce l’opera, perché a questo punto il maestro è morto
Si può trovare perfezione e completezza anche nell’incompiuto.