L’interrogazione metafisica di Milan Kundera
Banalmente, la cosa che mi ha da sempre colpita de L’insostenibile leggerezza dell’essere è il fascino del titolo, dal quale credo non si possa scappare. L’accostamento delle parole “insostenibile” e “leggerezza” è allo stesso tempo attraente e straniante, porta con sé l’incapacità di comprenderne al volo il senso e il desiderio di scioglierne il mistero. Non sono sicura di aver capito cosa il titolo voglia dire, neanche una volta che, finalmente, ho letto il libro.
Una riflessione e un fardello
Il racconto si apre con una riflessione sul concetto nietzschiano di eterno ritorno, di un cosmo che si ripete circolarmente, riaffermandosi sempre uguale a se stesso. Da questo punto di vista, l’uomo vivrebbe sempre diviso fra il godere di un presente effimero – che passa fugacemente, lasciandosi dietro un senso di nostalgia – e il ponderare responsabilmente tutte le proprie azioni, dato che si ripeteranno nel futuro. Cosa dovrebbe scegliere, allora, l’uomo? L’oppressione di questo fardello, che però lo tiene legato al suolo e alla realtà, o l’assenza assoluta di esso, una vita spensierata, ma forse priva di significato? Dovrebbe scegliere la pesantezza o la leggerezza? È la domanda che scandisce le vite di tutti e quattro i protagonisti del romanzo, sia quelli più seri e malinconici – a tratti anche tragici – che quelli apparentemente più disinvolti e impulsivi: che cosa devo fare?
I personaggi e le loro inquietudini
Se lo chiede Tomáš, diviso fra la necessità e la potenza dell’amore con Tereza e l’altrettanto irresistibile esigenza di avere altre donne; se lo chiede Tereza, persa tra gli incubi e le insicurezze nati dai continui tradimenti di Tomáš, che, nonostante tutto, accetta per un viscerale desiderio di sentirsi in qualche modo amata; se lo chiede Sabina, incapace di trovare una stabilità di coppia perché lei stessa si impone da sempre la parte di un’amante distaccata, intrappolandosi in una finzione che non le fa più riconoscere se stessa; se lo chiede Franz, risvegliato dalla passione travolgente per Sabina dall’illusione di una vita tranquilla, che era in realtà soltanto convenzionale.
I quattro protagonisti sono uomini e donne normali, le cui vite sono intrecciate attraverso incontrollabili coincidenze e concatenazioni casuali di eventi. Sono spinti da un costante desiderio di cambiamento, sempre tesi verso una nuova versione di sé, ma, circolarmente, li ritroviamo sempre uguali a come li abbiamo conosciuti, come se li guardassimo attraverso una fotografia. Circolarmente, tornano sempre a scontrarsi con l’insostenibile leggerezza dell’essere, nella sua precarietà e nella sua evanescenza, inconcepibile per il pensiero umano, con il suo bisogno di dare un senso ad ogni cosa.
Parmenide e le coppie oppositive
Parmenide sosteneva che il cosmo si basa su coppie oppositive, formate da una metà positiva e una negativa, imprescindibili l’una dall’altra. Come Kundera sostiene nel suo romanzo, la coppia leggerezza-pesantezza è la più misteriosa di tutte. Se leggero è positivo e pesante è negativo, allora perché la leggerezza è insostenibile. Forse significa che è impossibile che l’esistenza sia leggera o che, per sentirci realmente “vissuti”, dobbiamo avere cose pesanti nelle nostre vite? Che non possiamo accontentarci di un’esistenza senza troppi pensieri, di un amore leggero? Significherebbe non essere ancora arrivati alla maturità della propria esperienza e del proprio sentimento? Un amore maturo e profondo, quindi, è pesante? Perché, però, come Tomáš, percepiamo questo amore come necessario, perché il pesante è necessario?
Cosa scegliere?
Forse siamo troppo spaventati dal fatto che un amore possa essere vero, profondo e leggero allo stesso tempo. Come se non ci fidassimo di questa apparente leggerezza, come se avessimo paura dell’assenza di problemi o dolore. Se non soffriamo in un rapporto d’amore, se non stiamo male per l’altro, quel sentimento non è vero e profondo? Forse è come se, nella pesantezza e nel dolore, cercassimo una garanzia della veridicità del nostro sentimento. E, a quel punto, se l’altro non si dimostra altrettanto appesantito dalla gravità del suo sentimento, abbiamo paura di non essere amati. O, forse, tutte queste terribili riflessioni derivano dal fatto che facciamo parte della metà pesante della coppia oppositiva, e non riusciamo a comprendere fino in fondo la leggerezza di chi è dall’altra parte. Recensendo L’insostenibile leggerezza dell’essere, Antonio Tabucchi scriveva che
un romanzo non è grande se non ha in sé almeno un’interrogazione metafisica
In questo romanzo, addirittura, l’interrogazione – che cosa devo fare? Cosa scegliere? Leggerezza o pesantezza? – si incarna in tutti i protagonisti. E si incarna anche in noi lettori, che continuiamo a chiederci perché la leggerezza dell’essere sia insostenibile.