IV
Di come Hector incontra sul suo tragico cammino una visione estatica
Accadde, poi, che una mattina fui svegliato di soprassalto da una visita improvvisa e totalmente inaspettata. Fu una breccia che squarciò fulminea il mio sonnambulismo dei giorni precedenti e ravvivò, almeno per qualche ora, il mio umore. Mi affacciai alla finestra – non potevo reggere il peso di una sorpresa improvvisa e violenta, dovevo sapere in anticipo chi fosse la misteriosa sagoma che si presentava dinanzi le mie porte, così come, del resto, il mio visitatore sapeva chi aspettarsi all’interno delle mura del castello – e intravidi una figura gentile, curata e dal passo lieve, totalmente dissonante rispetto all’ambiente circostante; ricordo che quella fu la sola occasione in cui pensai all’aspetto decadente e malconcio del mio giardino, dal momento che per settimane i miei pensieri furono assorbiti da tutt’altre vicende.
Mi resi conto solo in quel momento – complice il pensiero di un ospite alle mie porte – mio malgrado, che le rampicanti erano ovunque e infestavano tutta la facciata anteriore della dimora. Tuttavia, quel giardino fornì una giusta e dignitosa cornice, al tempo spettrale e fiabesca, al mio nuovo ospite: era la signorina Brunette, figlia del generale Von Friedung, vecchio amico di mio padre e un tempo visitatore incallito della nostra dimora; ho un vago ricordo ancora oggi della sua figura possente e sproporzionata, seduta al tavolo con mio padre, intenti entrambi nei loro affari di cui non capii mai la vera natura. Pensai da subito che Brunette non aveva nulla a che vedere con la grossolana presenza di suo padre, forse i geni della madre avevano trionfato contro la sua meschina figura, conferendo a quel corpo tutta la grazia e la generosità che la natura alle volte decide di concedere agli esseri umani, per infondere nei loro cuori tenerezza e beatitudine che sono le vere matrici della speranza.
La bellezza rimane ancora una delle poche cose in grado di suscitare un sussulto nel mio animo, e quel giorno solo Iddio sa quanto fu grave la sua presenza dinanzi ad un cuore solitario e ormai segnato dal declino. Esitai dapprima, rifugiandomi nel manto scarlatto delle tende, ma forse era solo la necessità di continuare a posare lo sguardo su di un qualcosa di catartico e armonioso, e, soprattutto, di poterlo fare indisturbato, senza altri occhi di rimando. La folta capigliatura nera e lucente era sapientemente domata da due ferretti rossi, che spiccavano in quell’abisso nero dal quale due grandi trecce ben raccolte scendevano sino a incrociarne la vita. Il corpo era fragile ed armonioso nelle sue forme, scivolava in quel giardino malsano infondendo una luce nuova e ridestandone l’antica natura. Il suo sguardo timido e vagamente concitato, suscitava tenerezza, ma gli occhi vispi ricordavano all’osservatore l’acuta intelligenza del suo spirito; occhi in grado di penetrare a fondo nella pelle, oltre le mille identità che siamo costretti a vivere durante le nostre effimere esistenze. Un vestito lungo, di un bianco opaco, completavano quella estatica visione, al di sotto di un cappotto marrone e spesso.
Fece cenno di andarsene all’ennesimo richiamo del campanello, e fu allora che mi affrettai a scendere tutte le scale che mi separavano da lei. Non feci in tempo ad immaginare neppure le motivazioni che avrebbero potuto spingere Brunette a far visita al castello. Ai tempi delle visite di suo padre lei non era ancora nata, ne sentii parlare da Winzler qualche volta, il quale mi mostrò anche alcune foto sbiadite della giovane creatura; sapevo della sua esistenza e anche dove abitasse, ma non feci mai in modo di incontrarla. Ricordo che sospettai di una certa combinazione sperata da Winzler: forse quelle foto e tutte quelle informazioni avevano il semplice scopo di portarmi, un giorno, a lei; forse mio padre e Friedung parlavano di questo, di un possibile matrimonio. Tutto questo scorreva nella mia mente provata mentre attraversavo quelle infinite scale. Poi aprii il grande portone di quercia e la vidi sulla soglia, di spalle già nell’atto di andarsene.
<< Il signor Von Lanzenstrauss? >> fece lei con cortese sguardo di intesa << Al vostro cospetto. E lei deve essere Brunette. Mai l’immagine fu così indegna quale quella offertemi dal mio fedele Winzler in giovane età perché vi conoscessi! Quella foto mentiva sul vostro reale aspetto! >> Con un gesto eloquente del braccio che si tese in mia direzione << Ebbene, se diffidate così tanto delle immagini, perché non siete venuto da subito a constatarne la mendacia? >> Il suo spirito arguto mi lasciò sfuggire un sorriso sincero e compiaciuto, ma feci per mantenere un’impassibile serietà, del resto non sapevo cosa ci facesse qui ed io avevo ben altri pensieri per la testa, non dormivo da giorni e per quanto ne sapessi poteva anche essere una tremenda visione gettatami dinanzi dalla spossatezza e dall’oppio. << Vedo che il destino non ha tardato quanto me, e ne sono lieto. Potete entrare, vi offro del buon tè, così potrete dirmi perché nel vostro caso la curiosità è stata più forte degli impedimenti >> << Credo che per oggi mi accontenterò di averla trovata in casa, signor Lanzenstrauss, mi ero decisa che sarebbe stato l’ultimo tentativo, dopo le visite a vuoto di ieri l’altro >>.
Capii allora che Brunette era passata più volte mentre ero incatenato su quel letto in preda alle mie convulsioni. Per non averla sentita devo aver dormito qualche ora durante queste giornate in cui non ho avuto la ben che minima impressione di essermi riposato. << Allora vorrà dire che mi accontenterò, ad ogni giorno il suo beneficio, spero di potermi riscattare nei giorni a venire Brunette >> << Certo che ne avrete l’occasione Lanzenstrauss, ed io sarò felice di potervela concedere! Temevo che aveste cambiato residenza. Mio padre mi ha raccontato molte cose su di voi. Ho aspettato a lungo una vostra visita, ma poi mi son detta che in una società libera come la nostra, avrei potuto tranquillamente prendere l’iniziativa senza dover aspettare in eterno! Allora, ho preso una giusta decisione? >> << Giustissima direi >> << Allora potrò andarmene soddisfatta, vogliate prendere con voi questo omaggio, sino alla prossima mia visita, perché dovrete aspettare che sia io a farvela, e sarà una sorpresa! >> << Vi ringrazio di cuore, lo leggerò senz’altro >> << Leggetelo pure in questi giorni, così avremo di cosa conversare, al di là dei convenevoli. È stato un inaspettato piacere signor Lanzenstrauss, abbiate cura di voi >> << Non tardate troppo Brunette, ultimamente leggo molti libri e sono ben allenato, potrei finirlo in ben poco tempo, abbiate una buona giornata, a presto! >>
Mi congedai con il massimo della riservatezza. Entrai nel mio castello e stentai a credere in tutto l’accaduto. Le sensazioni che avevo vissuto davanti a quella visione erano reali, non si trattava di confuse percezioni offuscate dal ricordo e dall’affanno. Furono percezioni in grado di radicarmi nel presente e solo dopo aver richiuso quel portone ritornai nella tormenta del mio animo sconfitto. Per una manciata di minuti quella giovane donna era riuscita a piantare tutta la mia attenzione su di sé, era un corpo animato capace di una enorme attrazione, non brusio confuso, non impeto né foga di possessione, bensì gentile presenza che m’invitava dolcemente ad osservarla, come si fa con le sculture neoclassiche: se ne osservano le forme seguendone i contorni, senza però mai avere di continuo l’immagine completa, i particolari predominano; si ha intenzione di fissarli uno ad uno e solo in seguito riassemblarli concettualmente in un’unica immagine: il particolare è il senso.
Con movimenti attenti e misurati aveva costretto i miei occhi ad accompagnarla in ogni suo gesto, tutto ciò mi evitò di pensare, rimuginare sugli accaduti della mia vita e, soprattutto, di soffrirne. Il dolore è necessario e involontario – poiché la vita stessa muta nel dolore e attraverso di esso – ma la sofferenza, questa si è volontaria! Questo il dono che mi fece Brunette quel primo giorno, attimi di liberazione che smentirono d’un colpo le pretese che la sofferenza aveva sempre avuto su di me. Ma oltre a ciò, ella mi donò anche un libro, il suo omaggio per la visita.
Racconto di
Claudio O. Menafra