“Scopami” è un romanzo che arriva dritto in pancia come un pugno allo stomaco
Uscito nel 1993 in Francia e successivamente tradotto in varie lingue “Scopami” è stato capace di destare scandalo e far parlare tanto di se quanto della sua autrice Virgine Despentes. Oggi Fandango lo ripropone in una nuova versione dalla copertina rosa sgargiante, audace e sfacciata come le due protagoniste del romanzo, e una traduzione rivista e aggiornata da Silvia Marzocchi.
Il peggio della gente sta nel fatto che non vedono oltre il proprio naso, nella loro mania di appiattire tutto. Che ci sia qualcuno che se la spassa li fa incazzare
L’autrice
Virgine Despentes è una scrittrice e regista Francese, classe 1969, e “Scopami” ( Baise-moi in lingua originale) è stato il suo romanzo di debutto nel lontano ’93. La stessa autrice ha raccontato della sua adolescenza ai margini della società, influenzata fortemente dalla militanza nel movimento punk e dalla prostituzione. Nel 2000 ha co-diretto la versione cinematografica della sua opera prima insieme a Coralie Trinh Thi , regista del cinema porno. Successivamente ha pubblicato King Kong Girl nel 2007 e Apocalypse Baby nel 2012, con il quale ha vinto il Premio Renaudot ed è stata finalista al Premio Goncourt. La trilogia di Vernon Subutex è però la sua opera più famosa e più premiata ed è arrivato finalista al Man Booker International Prize nel 2018; da questa è stata tratta una serie televisiva da Canal+.
Scopami
Manu e Nadine sono due giovani ragazze della periferia parigina, talmente lontane dal centro da non sentirsi parigine per niente. Prostituta una e attrice di film porno l’altra, si muovono ai margini di una città squallida, decadente, in un quartiere dove ogni giorno si lotta tutti contro tutti, non si sa bene per quale motivo. La loro lontananza dal centro città è direttamente proporzionale alla lontananza dalla società che le sfrutta, ignora e le dimentica appena smettono di servire. Le loro esistenze si muovono tra maree di gente ma sono incredibilmente solitarie e desolate, squallide e grigie. Il punto di svolta è proprio l’incontro tra le due, entrambe indifferenti, volgari, sboccate e violente si riconoscono l’una nell’altra e si fidano a vicenda. Dopo l’ennesimo episodio di violenza ricevuta Nadine e Manu decidono di trasformarsi da vittime in carnefici in maniera quasi antiprogrammatica e involontaria. Inizia così il loro viaggio che, come ci dice la stessa Manu, è
il cattivo gusto per il cattivo gusto
Inizia così una lunga strage, una scia di sangue insensata proprio come sono insensate tutte le violenze che hanno visto e subito nella loro vita. Non le sconvolge più nulla e , senza volerlo, destabilizzano il mondo che le circonda con la loro sola esistenza. Distruggono tutto, minano le fondamenta della classe borghese, cieca, sorda e muta alle disgrazie altrui. Si prendono il potere, i soldi che hanno sempre dovuto contare, si riappropriano dei loro corpi sia tramite il sesso che tramite alcol e droghe; smettono di essere oggetti e diventano soggetti.
Volgarità
Sin dall’inizio del romanzo il linguaggio è volgare, sboccato e violento ai limiti del verosimile. L’atmosfera si fa carica e le immagine dei bar luridi, le puzze di rancido e le voci sguaiate e caotiche sputano fuori dalla pagina con la violenza di un pugno in pancia. Le descrizioni splatter dei cadaveri sono macchie rosse che costellano il cammino delle protagoniste, poltiglie, sangue e vomito si mescolano in un turbine di colori che non disturba. L’esagerazione è la chiave di volta che tiene in equilibrio la struttura linguistica del romanzo. La volgarità non è semplice mezzo ma diviene anche un fine; Virgine Depentes ci mostra questo mondo così lontano che però non si stenta a credere possibile. Ci costringe a guardare in faccia lo squallore urlando dalle pagine di “Scopami”, il libro diviene un grido di battaglia feroce e spietato, tutto sembra dire “aprite gli occhi”.
Nadine e Manu
Le due protagoniste sono quanto più di volgare, sciatto, sporco e orribile ci si possa aspettare. Sono sguaiate, colorate, violente e sessualmente sfacciate. La loro sessualità colpisce proprio per la mancanza di inibizione, i corpi diventano pezzi di carne svuotati di sentimenti e utili sono a procurare soldi o svago. Persino lo stupro è vissuto con indifferenza da Manu che, mentre viene violentata pensa
Posso dire una cosa così perché me ne sbatto dei loro poveri cazzi di merda, ne ho presi altri nella pancia, ’fanculo loro e chi li ha fatti. È come una macchina che parcheggi in un quartiere losco, non ci lasci dentro della roba di valore perché non puoi impedirgli di scassinarla. Nella mia figa non c’ho lasciato niente di prezioso perché non posso impedire alle teste di cazzo di entrarci.
Questo loro modo di essere suscita però simpatia nel senso etimologico del termine, sym-páthos cioè sentire insieme; si prova infatti una vicinanza psicologica con le protagoniste e si inizia a tifare per loro sperando che la polizia non le rintracci, che riescano a scappare. Quello che invece non si prova mai è compassione perché la loro forza, il menefreghismo e la mancanza di etica le riescono a dotare di qualità antieroiche ammantandole di fascino.
Articolo di
Simona Ciavolella