Regulus Red è una voce fresca, nuova ed elettrizzante del panorama pop internazionale
Un po’ italiano e un po’ Gallese, Regulus Red si definisce però al di là dei limiti nazionali. Dicono che siamo la somma delle persone che incontriamo, per un artista questo è doppiamente vero e i libri che leggiamo, la musica che ascoltiamo, i film che guardiamo influiscono sul prodotto dell’artista tanto quanto i genitori, gli amici, gli amanti. Proprio per questo, Regulus Red traccia una linea di discendenze intricata, che scavalca il tempo e lo spazio, definendosi erede di Lorde, Lady Gaga, Stromae, Mika, P!nk e riserva nel suo cuore un posto speciale a Edith Piaf.
Ottobre 2020 ha segnato un punto di svolta nella carriera del musicista iniziata tra le strade di Barcellona. Regulus Red infatti ci racconta la genesi della sua musica descrivendo il lavoro come cameriere e le lunghe passeggiate sulla spiaggia della città Catalana; queste esperienze di vita un po’ nomadi lo hanno portato a comporre il suo EP di debutto appena uscito. La redazione di The Serendipity Periodical ha avuto l’opportunità di intervistarlo e sapere qualcosa di più del dietro le quinte di “Red Prince of the Night”:
Il tuo mondo creativo. Come è nato Regulus Red? Cosa vuol dire per te la definizione che usi per descrivere la tua musica “International, Queer, Electro Pop”?
Regulus Red è sempre stato qui con me. Il mio nome d’arte è nato invece durante una notte insonne a casa del mio partner. Lui russava fortissimo e non mi faceva dormire: dopo un po’ di rabbia ho iniziato ad ascoltare i miei pensieri. E per tutta la notte mi sono chiesto che tipo di storie volevo raccontare al mondo. Quella notte mi ha portato immenso consiglio e non me la dimenticherò mai.Le tre parole rappresentano le varie sfaccettature di chi sono:
Internazionale, poiché conosco e amo parlare 4 lingue diverse, sono anche nato da una famiglia bilingue qui in Italia. Queer perché sono sempre stato diverso, mi sento nuovo, sono vero, sono una femmina, sono maschio, sono pronto. Electro-pop è la parola che descrive meglio al momento il genere musicale che sto amando sperimentare. La musica pop alle redini del mondo sintetico ed elettronico.
Abbiamo avuto il piacere di ascoltare il tuo EP “Red Prince of the Night” come nasce? Quale è il pezzo che ha fatto più fatica a venir fuori? Di quale invece sei più soddisfatto?
Grazie per l’ascolto! Allora l’EP di debutto rappresenta tutto il mio duro lavoro del 2019/20. Nasce da una storia epica che io scrissi in concomitanza con la musica stessa (la potete trovare allegata nella sezione Regulus Red del negozio online Bandcamp o sul mio Soundcloud). E’ la storia di un principe che viveva di notte, a suo agio, illuminando gli altri con la sua luce. Sono estremamente soddisfatto di Body Rock, e’ un pezzo che ho sempre sognato qualcuno facesse, e allora ho preso la palla al balzo e l’ho fatto io. Funky, cheeky, robotic. E’ stato difficile rendere The House of God concisa, semplificarla. Il testo ha dato spunto alla canzone e dopo un sacco di revisioni, il pezzo rimaneva troppo lungo e non efficace. Con tanto lavoro poi siamo riusciti con Future Humans a pulirla (il mio produttore di fiducia x)
La tua musica è fortemente legata alla tua immagine ed entrambe sono sfrontate, colorate e dotate di un’energia interna che le percorre e le rende vive, come una scossa elettrica. Come sei arrivato ad un’elaborazione così consapevole tanto a livello estetico quanto musicale?
Questa domanda e’ difficile da rispondere poiché la consapevolezza arriva in un lampo ed è molto difficile ricordarsi come si era senza quella nuova consapevolezza, è come se un nuovo capitolo di sé stessi cancellasse istantaneamente i dubbi e le insicurezze del passato. La mia musica si evolve come evolvo io. Quello che vedete e ascoltate è semplicemente una proiezione del mio interiore.
Sappiamo che sei metà Italiano e metà Gallese; sei cresciuto a Roma ma hai viaggiato molto. Ora vivi in UK, ti va di spiegarci la tua scelta? Quale è il rapporto con le tue culture di origine? Cosa ami e cosa odi di entrambe?
Mi sento totalmente bilingue e mi sento fortunato. Da piccolino già viaggiavo con mia mamma in the UK, e grazie a questi viaggi ho formato la mia cultura britannica. Londra l’ho scelta per un fattore di opportunità di lavoro nel campo artistico, a Londra l’arte è futuristica, immensa, eclettica. Per quanto riguarda il mio essere italiano, non c’è cosa più bella per me!! Mi sento così felice di esserlo, lo potrei descrivere con il sentirmi vulcanico, gentile, rumoroso, passionale. Una cosa che non mi piace della cultura britannica è questa voglia di bere alcool a volte estrema per i miei gusti personali, la trovo esagerata e mi spaventa a volte. Nel mondo italiano, è a volte il pregiudizio ciò che mi spaventa. Siamo un popolo così vivo, eppure così retrogrado a volte. Mi fa stare male questa cosa.
“Body Rock” e il suo incredibile video; puoi parlarci della sua produzione? Come è nata l’idea di quel vortice di colori? Come nasce la collaborazione con Margherita Giusti?
Margherita Giusti è una grande artista e adesso una grande amica. Io l’ho conosciuta in Sicilia, tramite il mio partner. Eravamo in riva al mare, sotto un sole siculo magnifico e ci siamo confrontati per tante ore. Ci siamo poi messi a tavolino e abbiamo lavorato per un mese sul progetto, dall’inizio alla fine (che alcuni sapranno essere un tempo molto breve in realtà). I colori sono stati scelti da Margherita stessa, ispirati alla mia aura, alla mia energia di vita. Appena visti, sapevo che mi aveva inquadrato così bene. Ho detto di sì subito!
La tua musica e la tua immagine sono vibranti e fortemente legate alla dimensione del corpo. I video, i testi delle canzoni mostrano una consapevolezza della tua sensualità. Cosa pensi della percezione del corpo al giorno d’oggi? Quanto influiscono i social media?
Penso che la bellezza è in continua evoluzione, e per fortuna! Parole come il body-shaming e le campagne del capezzolo femminile censurato dai socials sono oramai conosciute da tutti, mi auguro. Ed è giusto che lo siano. La libertà sui nostri corpi e dei nostri corpi è una lotta lunga e dolorosa. Molte persone hanno il terrore del proprio corpo a causa di una società che vuole chiudere invece che aprire. E questo è abominevole. Io sono estremamente pro social media per la visibilità delle minoranze. Quindi si, influiscono tantissimo.
Secondo te Internet, tra le altre cose, ha aiutato l’accettazione delle bellezze che non rientrano nel “canone”?
Assolutamente si. Internet ha permesso una diffusione vasta e variegata di tantissime cose che un tempo erano nascoste. Un esempio recente è l’asessualità, un orientamento che non conoscevo prima di qualche giorno fa. E ringrazio Internet per avermi informato. L’informazione aiuta, unisce. Se usata con coscienza e amore.