Privacy Policy Edgar Allan Poe: il maestro dell’horror - The Serendipity Periodical
Edgar Allan Poe: il maestro dell’horror

Edgar Allan Poe: il maestro dell’horror

“Tutto quello che vediamo, quel che sembriamo non è che un sogno dentro un sogno”

Edgar Allan Poe (Boston, 19 gennaio 1809 – Baltimora, 7 ottobre 1849) era uno scrittore, poeta, critico letterario, giornalista, editore e saggista statunitense. È stato l’ideatore della letteratura dell’orrore e del giallo psicologico. È uno degli artisti più rappresentativi della cultura americana del primo Ottocento. Rimasto orfano dei genitori a soli due anni, fu affidato al padrino John Allan da cui prese il nome. 

Il genio  tormentato

Molte sono le pubblicazioni su diverse riviste di numerosi racconti, segnati dal gusto del mistero e dell’orrore. Le tematiche ricorrenti nelle sue opere sono: la morte, la decomposizione della carne, la preoccupazione della sepoltura da vivi, l’irrazionale come fonte di angoscia e la malvagità fine a se stessa. Tutto ciò ha alimentato un’interpretazione della sua figura in chiave di poeta maledetto, “il genio pazzo” o “l’artista tormentato” anche a causa del clima chiuso e repressivo della società puritana in cui viveva. Ma al contrario, Poe è stato un artista lucido e consapevole, attento agli aspetti tecnici e formali del processo creativo e teso a raggiungere la perfezione. Per buona parte della sua vita ha dovuto lottare con problemi finanziari e personali, tra cui il consumo di alcool e di sostanze stupefacenti, oltre che con l’incomprensione del pubblico e della critica dell’epoca.

Berenice

Berenice è uno dei racconti più famosi di Poe, pubblicato per la prima volta nel marzo 1835 sul Southern Literary Messenger. Il  tema principale è la morte di una donna nel fiore degli anni. La storia è narrata in prima persona dallo stesso protagonista che si chiama Egeo e come lui stesso dice “è una storia la cui essenza è piena di orrore”.

Egeo e Berenice erano cugini; e con il passare del tempo hanno assunto caratteristiche fisiche differenti: lui sempre malaticcio, mentre lei era graziosa e piena di energie. Lei era solita scorrazzare per i campi, lui era dedito allo studio. Berenice fu colpita da una malattia, una specie di epilessia che la maggior parte delle volte si trasformava in catalessi, fino ad arrivare quasi allo stato di morte. Egeo invece, era affetto da monomania, un disturbo mentale caratterizzato dall’ossessiva sopraffazione di un unico pensiero, un’ossessione. Si fissava nella contemplazione degli oggetti e meditava per ore. Da un amore quasi fraterno tra cugini, si passa ad un amore carnale che dovrà sfociare in matrimonio. Berenice intanto si trasformava, la sua magrezza era diventata estrema, la fronte alta e pallidissima, i capelli da neri erano diventati di un biondo rossiccio e i suoi occhi sembravano privi di pupille. Mentre la osservava Egeo rimase colpito da un particolare: i denti della nuova Berenice. Ben presto quei denti diventarono una vera e propria ossessione.

I denti

Nonostante Berenice avesse lasciato la stanza nella quale si trovavano, lo spettro bianco dei suoi denti era impresso nella mente di Egeo, quei denti lunghi, affilati ed eccessivamente bianchi. Secondo Egeo, i denti erano idee e solo possedendoli avrebbe trovato pace. Mentre pensava ossessivamente a quei denti, sentì improvvisamente un grido seguito da gemiti di dolore. Berenice era morta, colpita da epilessia, bisognava quindi pensare ai preparativi della sepoltura. Tutta l’atmosfera della camera sapeva di morte. Mentre Egeo fissava il cadavere di Berenice, gli parve che il dito della defunta si fosse mosso, così tutto tremante si accorse che la benda con la quale le era stata fasciata la bocca si era allentata e poi era caduta. 

Il sogno e l’incubo

Preso dal panico Egeo lasciò la stanza da letto e si diresse verso la sua biblioteca. Era solo ed aveva la sensazione di essere uscito da un sogno confuso e agitato, la sua memoria era invasa di orrore. Sul tavolo che si trovava di fronte a lui c’era un cofanetto di ebano che aveva già visto varie volte, essendo di proprietà del medico di famiglia. Perché quel cofanetto si trovava lì? All’improvviso bussò alla porta un parente di Egeo che con aria turbata gli riferì che c’era stata una violazione di sepolcro, il corpo di Berenice era sfigurato e privo del suo lenzuolo, ma tuttavia respirava, era ancora viva. Guardò poi i vestiti di Egeo che erano sporchi di fango e di sangue. Egeo, con un grido straziante si diresse verso il tavolo sul quale si trovava il cofanetto. Non aveva il coraggio di aprirlo e a causa delle mani tremanti cadde a terra. Rotolando sul  pavimento, uscirono alcuni strumenti di chirurgia dentaria, tra cui trentadue coselline bianche come l’avorio, che scricchiolando si sparpagliarono sul pavimento. 

L’essere umano come essere finito

Il tema della morte di una giovane donna nel fiore dei suoi anni è presente anche in altri racconti di Poe come: Ligeia, Morella, il ritratto ovale, il corvo e Annabel Lee. Gli altri temi dominanti del racconto sono: l’essere sepolti vivi, la morte apparente e le malattie mentali. Anche i denti sono utilizzati simbolicamente in molti dei suoi racconti, e rappresentano la condizione di mortalità caratteristica dell’essere umano. Anche nella vita reale, Edgar Allan Poe ha sposato una cugina molto più giovane di lui, e la sua morte prematura ha segnato per sempre la sua esistenza. Questa triste vicenda ha infatti ispirato molte delle sue opere.

Bibliografia e Sitografia

  • Enciclopedia generale mondadori, 1985
  • http://www.leggere-facile.it/berenice-edgar-allan-poe/

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