Ritorno a scuola – Intervista a degli studenti di scuola superiore, rientri e Covid
Gabrielino e Michelino non sono due nomi di fantasia, sono i due bambini che sceglievo sempre per il ruolo di angioletto canterino nel presepe vivente. Erano le uniche piccole pesti che dopo le prove si fermavano con me per incollare l’ovatta sulle ali di cartone, grazie all’ausilio della magica colla vinilica. Non li avrei mai immaginati nel ruolo di protagonisti di una pandemia. Eppure lo sono diventati. Michele ha quindici anni, lo scorso anno si è trasferito a Potenza per frequentare l’istituto alberghiero. A Fardella (PZ), paese in via d’estinzione dell’appennino lucano, per andare alle scuole superiori hai due opzioni: o ti svegli alle 6 di mattina, prendi il pullman, vai a scuola e torni a casa alle 15 del pomeriggio, quando non nevica, o te ne vai in convitto e torni a casa dai genitori il fine settimana.
Ritorno a scuola – I racconti degli studenti
Michele inizia il suo racconto dal giorno in cui hanno annunciato la chiusura delle scuole «stavamo pranzando nella sala comune del convitto e tutti i ragazzi si sono messi ad urlare per la gioia, felici di ritornare a casa» aggiunge «All’inizio, Benedè, l’ho presa per una vacanza. Quando poi sono passate due settimane e poi ancora altre due e poi ancora… mi sembrava un incubo! In casa ripetevo sempre lo stesso schema. Mi svegliavo alle 9:00, avevo lezione dalle 10:00 alle 13:00 e a volte anche di pomeriggio e poi giocavo a Fortnight, un videogioco di guerra che almeno mi manteneva virtualmente in contatto con i miei amici». Di tutt’altro tenore pare invece la quarantena di Gabriele, che lo scorso anno frequentava la seconda media a Chiaromonte (PZ) e mi dice «Appena hanno annunciato il lockdown noi ci siamo trasferiti nella casa in campagna. La mattina mi svegliavo, poi mi connettevo per le lezioni e poi di pomeriggio giocavo a Fortnight, davo da mangiare alle galline e ho aiutato la nonna a piantare l’orto».
Ritorno a scuola – La didattica a distanza
A sentire Michele sembra che la didattica a distanza sia stata abbastanza efficace, almeno nel suo istituto «Io sono riuscito a seguire tutte le lezioni, però ho avuto molta difficoltà in matematica perché penso sia una materia per la quale c’è bisogno di un contatto personale con il docente, che individualmente deve spiegare e chiarire all’alunno determinati passaggi». Le stesse difficoltà sono state riscontrate da Gabriele che ha avuto difficoltà con matematica e francese. La chiusura dell’anno scolastico sembra essere un tasto dolente. In classe di Michele ci sono venti alunni, dei quali un quarto non ha mai seguito nessuna lezione online, ma ha comunque ottenuto la promozione a fine anno.
Il ritorno in classe
Anche Gabriele e Michele, come gli altri ragazzi di alcune regioni italiane, inizieranno l’anno scolastico il 24 settembre. Il ritorno a scuola li spaventa un po’, Michele: «nel mio istituto siamo 700 alunni, non so come faremo ad entrare a scuola tutti insieme allo stesso orario, dalla stessa porta d’acceso. In convitto divido la stanza con altri due ragazzi, forse ci assegneranno le stanze a seconda del paese di provenienza per tenere sotto controllo i contagi». Gabriele invece raggiungerà la propria classe in scuolabus, Chiaromonte dista meno di 15 minuti quindi non ci saranno grossi cambiamenti per lui. Una delle paure condivise da entrambi è la probabilità che alcuni dei loro compagni di classe si rifiutino di rispettare le norme imposte, come l’uso della mascherina, e chi le rispetterà potrebbe diventare oggetto di scherno da parte dei compagni. Su quest’ultimo aspetto avranno un ruolo fondamentale i professori a scuola e i genitori a casa.
Ritorno a scuola – Il divario tra città e provincia
Andrea, alunno della classe III di un liceo linguistico, prima della quarantena non aveva molta difficoltà nel raggiungere la sua classe. La sveglia suonava alle 7:45 e l’ultima campanella per l’ingresso a scuola variava fra le 8:05 a le 8:10. In provincia, se nasci in un paese più grande come Sant’Arcangelo (PZ), sei ritenuto più fortunato, ci sono tante comodità, e una fra le tante è il liceo a quattro passi da casa. Andrea mi confessa che non è riuscito a tenere sotto controllo gli orari e la sua routine quotidiana «Mi svegliavo di mattina per seguire le lezioni, ma poi di pomeriggio a volte mi addormentavo e la sera guardavo qualche serie o film, fino a tarda notte. Questi ultimi, insieme alla musica, erano gli unici svaghi che avevo durante la quarantena. Quando sono uscito, dopo del 4 maggio, ho provato una sensazione di libertà, di normalità, ma vedere tutte le persone con la mascherina è stato molto strano».
Ritorno a scuola – Maturità e Covid
Anche Ariadna frequenta il liceo linguistico “Carlo Levi”, ha 18 anni ed è stata una delle maturande di questo anno targato Covid: «Il mio esame di maturità è stato molto particolare, come quello di tutti gli studenti quest’anno. Sono entrata in aula e i professori erano tutti seduti a un metro di distanza e con le mascherine. All’inizio è stato strano, poi però ho iniziato a parlare e l’ansia è sparita. Fortunatamente è andato tutto bene, e alla fine sono riuscita a prendere il massimo». La sua classe era tutta al femminile, su 15 alunne 13 hanno deciso di continuare gli studi e fra queste tredici ragazze coraggiose c’è anche Ariadna che aggiunge «Continuerò gli studi perché è da quando sono bambina che voglio diventare criminologa, e per farlo è indispensabile lo studio. Spero di mantenere vivo anche nella mia carriera universitaria l’amore per lo studio, che prima della maturità mi ha fatto passare qualche notte insonne».
Ritorno a scuola – L’emergenza educativa: riflessioni finali
Dai racconti di questi quattro ragazzi emerge la grande resilienza con la quale sono riusciti ad affrontare la pandemia, l’isolamento nelle mura domestiche e le problematiche derivanti dalla didattica a distanza. L’emergenza educativa rimane uno dei grandi temi assenti o trattati con grande superficialità nel dibattito sulla scuola. In provincia, più che in ogni altro luogo, la scuola svolge un ruolo determinante nella formazione degli adolescenti. La socialità, l’incontro, lo svago e la formazione, in particolare in età adolescenziale, sono esperienze veicolate dalla scuola. Non è solo un luogo fisico, ma è un luogo simbolico che permette ai ragazzi di uscire dalle mura domestiche, quando queste non sono sicure, quando queste non sono in grado di sostenere la crescita dell’individuo. Un ruolo, quest’ultimo, che un tempo veniva svolto anche dalle parrocchie, che oggi in molti casi si limitano all’espletamento di bisogni liturgici. Oltre alla scuola l’adolescente di provincia ha solo la famiglia, il bar e internet. Non ci resta che gioire per la riapertura dei cancelli delle scuole e fare un grande in bocca al lupo ai ragazzi intervistati, ognuno a suo modo ha un sogno da realizzare, che pandemia permettendo prima o poi prenderà forma.