Il sacrificio e limite sono fondamentali per essere liberi
Si è sempre parlato e si parlerà sempre di temi come la libertà. Oggi non vorrei tuttavia parlare della “grande” libertà: non quella della Rivoluzione Francese, non quella dei grandi movimenti della storia, né quella tanto dibattuta oggi che si sofferma sulla libertà dagli stereotipi di genere. Il mio intento non è certo quello di creare qualcosa di nuovo, ma semplicemente ridurre in scala un termine dalla portata così vasta. C’è una libertà che viene prima di qualsiasi altra, perché è inutile cercare di liberarsi dall’oppressore, quando spesso siamo noi i peggiori carcerieri di noi stessi. Oggi sembra quasi che essere liberi significhi poter fare qualsiasi cosa, non credere in nulla e ripetere come un mantra che non ci importa quello che dicono gli altri. Credere che la libertà consista in questo non può che portare ad un forte senso di smarrimento, al nichilismo. Spesso sembra passare il messaggio che ci si libera quando si infrange ogni regola, quando si va contro la morale dei benpensanti e quando si perde ogni timore e senso della reverenza.
Dissolutezza e mancanza di limiti
Grandi autori del passato ci ricordano che non è così, la libertà è cara a tutti, non solo ai rivoluzionari. Anche un reazionario convinto come il padre di Leopardi, il Conte Monaldo Leopardi, nella sua autobiografia scrive: “Si può esser libero, anzi deve esserlo chi non è vile, ma le basi e i confini della vera libertà sono la fede in Gesù Cristo, e la fedeltà al Sovrano legittimo. Fuori di questi limiti non si vive liberi, ma dissoluti”. Quest’ultima frase è solo apparentemente un ossimoro, perché racchiude una verità profonda. Una libertà a priori, senza obiettivi e ideali, qualsiasi essi siano, è solo dissolutezza. La vera libertà interiore si costruisce vivendo nei limiti che ci diamo per perseguire i nostri ideali. Si potrebbe dire che oggi si inneggia spesso alla dissolutezza chiamandola con falso nome.
La rinuncia alla vita di Catone Uticense
A questo punto come non citare un personaggio che non sarà nei “trend” del momento, ma sicuramente è diventato per molti un simbolo di libertà. Dante nella Divina Commedia lo ha scelto come custode del Purgatorio. Si tratta del celebre Catone Uticense che si suicidò a Utica nel 46 a.C. per non cadere nelle mani dei cesariani e non vedere gli ultimi giorni della Repubblica. Catone sacrifica la vita per non rinunciare alla libertà e diventa nell’opera di Dante, in chiave cristiana, la massima espressione di libertà dal peccato, dai vizi, in sostanza dai nostri istinti più bassi. Questa è la prima forma di libertà anche per Dante, prima ancora di quella politica. Nel presentare Dante a Catone, Virgilio è sintetico, non servono grandi presentazioni se non la precisazione che Dante, seppur smarritosi per un tratto, persegue la stessa meta: “Or ti piaccia gradir la sua venuta: libertà va cercando, ch’è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta.”. Basta questo per dare dignità a Dante e permettergli l’accesso al Purgatorio. Tante volte sembra che perseguire la libertà ci danneggi, ci faccia stare male e ci tormenti, ma “ il saggio non è possibile riceva né ingiuria né contumelia” direbbe Seneca, anche lui affascinato dalla figura di Catone. Quando siamo veramente liberi non abbiamo bisogno di un’approvazione esterna, non facciamo il bene per farci vedere dagli altri, non ci può succedere nulla, siamo padroni di noi stessi.
Lo stoicismo e la rinuncia
L’accezione di libertà che emerge seguendo questo filone “stoico”, è indissolubilmente legata all’idea di sacrificio, un termine che suona molto demodè, legato ad un mondo passato, un termine che evoca discorsi che cominciano con la retorica del “ai mie tempi…”. Ricordo che al corso prematrimoniale il prete era molto attento a non pronunciare questa parola, pur essendo questa il cardine del discorso, poiché suscitava molta insofferenza tra le persone. I più infatti, messi di fronte all’idea di dover rinunciare a qualcosa per amore, rispondevano stizziti che non potevano rinunciare alla carriera, alle passioni, alle proprie abitudini… Sembra una tendenza generale oggi quella di credere che per essere felici e liberi basti fare quello che si vuole senza condizionamenti, senza i limiti che il caro Monaldo Leopardi ci propone come i confini della vera libertà.
Articolo di
Debora Cherchi