Cosa significa la parola orgoglio?
Essere orgogliosi del proprio Paese, delle proprie origini, della propria vita e degli obiettivi raggiunti. E ancora, essere orgogliosi di se stessi, di come si è stati in passato; orgoglio per le proprie idee, per i propri cari, per le proprie convinzioni. Quando e di cosa è importante essere orgogliosi? Alla voce “orgoglio” la Treccani specifica:
[dal franco *urgoli, ted. ant. urgol «notevole»; cfr. rigoglio]
E’ interessante considerare che grazie a una veloce analisi dell’etimologia di questo vocabolo si sia arrivati a “notevole” da un lato e “rigoglio” dall’altra. Entrambi i termini mancano della duplice accezione positivo – negativa che ha assunto nel tempo la parola orgoglio. Provare il sentimento dell’orgoglio significa infatti avere un’eccessiva stima per se stessi ma anche provare una giustificata fierezza per qualcuno o per qualcosa.
Notevole e rigoglio vanno a definire delle qualità positive; come si è giunti ad accostare nel tempo l’accezione negativa alla parola orgoglio? La psicologia entra in gioco spiegando che il troppo orgoglio ha in sé la superbia mentre in una giusta dose diventa autostima. Quindi ecco che per raccontare di una parola ne sono scese in campo tre: orgoglio, superbia e autostima. Ma com’è possibile che in una lingua complessa come l’italiano, in cui abbiamo il lusso di poter spesso scegliere e selezionare la giusta parola che identifichi i propri pensieri, si incappi nell’ambivalenza circa un termine così importante.
Quando si insinua l’accezione negativa?
Una risposta netta e puntuale riguardo questo quesito non è affatto facile da rintracciare; ma continuando a ragionare, si può chiedere aiuto a fatti storici, per trovare una via grazie alla quale ragionare. Il mese dell’orgoglio è proprio giugno. Questo perché il 28 giugno 1969 a New York, precisamente nel bar gay The Stonewall Inn del Greenwich Village, c’è stato un forte scontro tra la polizia che ha fatto irruzione e gruppi di omosessuali. Un evento passato alla storia come il primo di questi scontri che hanno portato alla nascita dei cosiddetti moti di Stonewall.
Un momento storico che ha segnato la nascita del movimento della liberazione gay, un momento di orgoglio. Ebbene, è forse vero che quando si guarda al passato è più semplice comprendere il significato della parola orgoglio, sentendola vicina ad un accezione positiva; e questo perché? Forse perché c’è stato chi ha combattuto per un ideale e forse è morto per questo. Ma ecco che nel 2020 – come nel secolo scorso – orgoglio torna nella sua duplice valenza, si ritorna quindi a parlare di orgoglio, superbia e autostima anche quando si fa riferimento a qualcosa che dovrebbe essere positivo.
Dove va a nascondersi e insinuarsi il valore negativo di quello stesso termine con cui invece si vuole fare riferimento allo stato d’animo non criticabile della propria dignità. O meglio, perché se oggigiorno si dice “orgoglio gay” c’è chi percepisce qualcosa di stonato in termini ma se si racconta di un fatto avvenuto in passato come i moti di Stonewall Inn si è probabilmente sopraffatti dall’orgoglio di sentirsi testimoni di un evento che ha segnato la nascita di un cambiamento. Tuttora si vive in società in cui l’orgoglio è al centro di dibattiti; c’è chi lo riconosce positivamente, chi appunto ritiene che sia un bene essere orgogliosi di chi si è, e chi invece crede ancora di sapere cosa questo termine debba significare. Jane Austen in Pride and Prejudice del 1813 ragionava su questa parola. Lei ha raccontato di quello che può essere tradotto come orgoglio aristocratico da un lato e il pregiudizio di classe sociale dall’altro. Da 1813 al 2020 l’orgoglio non ha rinunciato alla sua duplice faccia, ma forse sarebbe il momento di tornare a vedere la parola orgoglio come legata al significato di notevole e rigoglio, tralasciando quel pizzico di superbia che ha spinto questo sentimento ad essere motivo di scontro.
Editoriale
Valeria Magini