Il discorso del Professor Felipe Boff durante la cerimonia di laurea della facoltà di giornalismo all’Università Usinos
In questo periodi di crisi sembrano sempre più evidenti le storture della nostra società, anzi come non mai salgono a galla tutti quei problemi che erano stati nascosti sotto la superficie delle cose. Una di queste è la situazione del Brasile nel quale Bolsonaro si rivela sempre più inadeguato a gestire il tutto e si evince più che mai che l’unico motore che spinge le sue azioni è l’interesse privato. Questo però cozza incredibilmente con gli interessi non solo della popolazione del Brasile ma anche con quelli del mondo intero, perché se c’è qualcosa che il COVID-19 ci ha insegnato è proprio il fatto che siamo tutti universalmente connessi. Detto questo, ci è sembrato opportuno tradurre il discorso pronunciato da Professor Felipe Boff durante la cerimonia di laurea della facoltà di giornalismo presso l’Università di Rio Grande Do Sol. Il professor Boff attacca in maniera molto dura il leader brasiliano ma allo stesso tempo tratteggia le caretteristiche basiche di un mondo democratico e il suo discorso è di ispirazione per tutti. È soprattutto in un momento come questo che non bisogna dimenticare i diritti fondamentali:
La stampa brasiliana vive i suoi giorni più difficili dalla dittatura militare.
Tra il 1964 e il 1985, i giornalisti vennero censurati, perseguitati, arrestati, torturati e anche assassinati, come Vladimir Herzog. Oggi, veniamo insultati in rete e per le strade; perseguitati da milizie virtuali e reali; limitati e non rispettati dalle autorità che si sentono disobbligate a render conto alla società.
Tutti sanno, anche quelli che non seguono le notizie, chi è il principale propagatore di questa minaccia crescente verso la libertà di stampa. È lo stesso che considera nemici scienziati, professori, artisti, ambientalisti, come si vede, siamo ben accompagnati.
L’anno scorso, secondo le statistiche della Federação Nacional dos Jornalistas, il presidente della República attaccò la stampa 116 volte, con post via rete sociale, dichiarazioni e interviste. Un attacco ogni 3 giorni.
Volete degli esempi? “É só você fazer cocô dia sim, dia não.” “Você está falando da tua mãe?” “Você tem uma cara de homossexual terrível.” “Pergunta pra tua mãe o comprovante que ela deu para o teu pai.”
È in questa forma, chula e a trabocchetto che il presidente della República, la maggiore autorità del paese, risponde spesso ai giornalisti.
I suoi giuramenti tentano di distogliere l’attenzione dalle risposte che lui ancora deve dare alla società.
Nei casi citati, la spiegazione riguardo il passo indietro nella preservazione ambientale del paese, riguardo i versamenti dell’ex-assessore Fabrício Queiros nel conto bancario dell’attuale “primeira-dama”( la moglie del Presidente ndt), circa la modalità di spartizione dei salari (rachadinha ndt) nell’ufficio del figlio oggi senatore, riguardo il coinvolgimento della famiglia presidenziale con i miliziani.
Il presidente delle “Fake News” colpisce la stampa ogni volta che questa riferisce di un fatto negativo nei suoi confronti e del governo. È lo stesso che ha fatto 608 dichiarazioni false o distorte, quasi due al giorno.
Volete degli esempi? “O Brasil é o país que mais preserva o meio ambiente no mundo.” “Leonardo Di Caprio tá dando dinheiro pra tacar fogo na Amazônia.” “O Brasil é o país que menos usa agrotóxicos.” “Falar que se passa fome no Brasil é uma grande mentira.” “Nunca teve ditadura no Brasil.”
Nel 2020, dopo aver completato un anno di mandato con risultati insignificanti a livello economico e disastrosi nell’educazione, nella cultura, nella salute e nell’assistenza sanitaria, il presidente non si è arreso.
Ha raddoppiato gli attacchi nei confronti della stampa, ha applicato un doppio significato all’espressione giornalistica “furo” (scoop) per calunniare la reporter che denunciò la manipolazione massiva di Whatsapp in campagna elettorale. Ha attaccato un’altra giornalista, mentendo spudoratamente, per negare la rivelazione di aver condiviso video insufflando manifestazioni contro il congresso e STF.
E continua a favorire il boicottaggio dei mezzi d’informazione, con eccezione di coloro che approfittano dell’occasione per vendere asservimento e silenzi strategici. Ai mezzi che non si piegano al suo dispotismo, il presidente della República propina personalmente dirette ritorsioni finanziarie, tensione riguardo gli inserzionisti e diffamazione dei suoi operatori.
Prassi, in ogni caso, fortunata di stratagemmi sordidi per tentare di soffocare il giornalismo e alienare la popolazione dai fatti. E non si preoccupa nemmeno di mascherare le sue intenzioni.
Volete un ultimo esempio?
Dichiarazione del 6 gennaio di quest’anno, fatta dal presidente ai giornalisti “Vocês são uma raça em extinção”.
No, presidente, non siamo una razza in via d’estinzione. Al contrario. Siamo una razza ogni giorno più forte, più unita, più coraggiosa , più cosciente. Basti guardare questi nuovi 21 giornalisti che si stanno laureando oggi. Basti leggere slogan sulle loro magliette: “Não existe democracia sem jornalismo”.
Questo è il messaggio da sottolineare questa sera: quando tenta di zittire e denigrare la stampa, l’attuale presidente della República non minaccia solamente il giornalismo e i giornalisti. Minaccia la democrazia, l’arte, la scienza, l’educazione, la natura, la libertà, il pensiero. Minaccia tutti, persino quelli che oggi appena lo applaudono – questi, che cercano di smettere di battere le mani per vedere cosa succede.
Per chiudere, mi piacerebbe citare l’esempio e le parole del grande scrittore e giornalista argentino Rodolfo Wlash. Precursore del reportage letterario e investigativo e impavida voce contro l’autoritarismo e il terrorismo dello stato, Walsh pregava che “ o il giornalismo è libero, o è una farsa, senza mezzi termini”.
Diceva anche che “ un intellettuale che non comprende quello che succede nel suo tempo e nel suo paese è una contraddizione ambulante; e quello che comprende e non agisce, avrà luogo nell’antologia del pianto, non nella storia viva della sua terra”.
Rodolfo Walsh venne sequestrato e assassinato dalla dittatura argentina il 25 marzo del 1977, pubblicherà coraggiosamente una “carta aberta à junta militar” denunciando i crimini del sanguinario regime, che al tempo completava appena il suo primo anno.
Queste furono le ultime parole che Walsh scrisse “Sem esperança de ser escutado, com a certeza de ser perseguido, mas fiel ao compromisso que assumi, há muito tempo, de dar testemunho em momentos difíceis”. ( senza speranza di essere ascoltato, con la certezza di essere perseguitato, ma fedele all’impegno che ho assunto, c’è molto tempo, peri testimoniare nei momenti difficili ndt).
Giornalisti, questo è il nostro impegno. Non permetteremmo che la tirannia ci azzittisca ancora una volta.
Alleghiamo il testo in lingua originale per chi volesse leggerlo in portoghese brasiliano.
Traduzione di
Fabrizio Bianchi
Dal discorso del Professor Felipe Boff