I sèmi come atomi di significato
Tra i primi ad accorgersi della necessità teorica di sostituire ad una semiotica del codice una semiotica del testo, Greimas fu munito sin da subito della ferrea convinzione che fosse possibile avere una descrizione accurata del piano del significato attraverso l’identificazione di unità minime di contenuto (sèmi), così come la fonologia aveva ormai da tempo a disposizione le sue unità minime diacritiche d’espressione (fèmi).
Lo scopo diventa quello di giungere ad una descrizione esaustiva della semantica delle lingue naturali postulando l’idea di un certo parallelismo organizzativo tra il piano dell’espressione ed il piano del contenuto, riprendendo così esplicitamente l’idea già formulata da Hjelmslev[1].
Per Greimas la relazione che sul piano dell’espressione si istituisce tra tratti distintivi e fonemi può essere fatta corrispondere, sul piano del contenuto, ad una relazione analoga.
I tratti distintivi del materiale semantico saranno indicati come sèmi (atomi di significato), e tali saranno da costituire delle unità agglomerate chiamate sememi. Inoltre per il linguista lituano se si istituisce una partizione biplanare dell’oggetto semiotico, espressivo e contenutistico, è lecito supporre con un certo grado di certezza che i due piani siano legati tra di loro, e che in particolare sussista tra di essi un isomorfismo strutturale.
I sèmi e la natura diacritica del significato
Andando ad esplorare più da vicino lo statuto dei sèmi, essi in quanto tratti distintivi non possono se non sussistere in modo strutturale ed il loro valore sempre si esprime mediante una opposizione relazionale (valore diacritico), la quale deve essere considerata una categoria semantica[2].
Ad esempio i sèmi ”maschio” e ”femmina” hanno un valore differenziale e non sostanziale[3], essi sono poli opposti di una categoria che è quella della ”sessualità”. I sèmi servono all’analisi semiotica per scovare i valori di senso, che vengono generati per contrasto e differenziazione, ed è qui che si gioca lo scarto rispetto al piano fonologico dell’espressione: mentre i tratti minimali distintivi (fèmi) del piano espressivo sono di numero limitato, i sèmi sono indefiniti[4]e numericamente indeterminati, e non creano mai un inventario finito,
Il loro carattere si fonda sempre sulla pertinenza dei tratti che di volta in volta vengono selezionati: significato e contesto sono costruiti assieme.
Un altro termine da specificare è lessemi, i quali costituiscono gli archivi virtuali dei molteplici sèmi:
- il termine ”alto” riunisce in sé i sèmi di ”spazialità”, ”dimensionalità”, ”verticalità”;
- il termine ”lungo” invece si compone di ”spazialità”, ”dimensionalità”, ”orizzontalità”.
Quando i lessemi occorrono concretamente in un contesto, e cioè declinati in un testo, ci si accorge che sono costituiti da due diverse tipologie di sèmi: sèmi nucleari e sèmi contestuali[5], detti anche classemi (strettamente dipendenti dal contesto). L’esempio è tratto dallo stesso Greimas[6]:
a) ”estremità’ + ”superiorità” + ”verticalità’:
La testa di un palo
essere a testa(capo) di una ditta
avere debiti fin sopra la testa
b)”estremità” + ”anteriorità” + ”orizzontalità” + ”continuità”:
testa di una trave
stazione di testa
c)”estremità” + ”anteriorità” + ”orizzontalità” + ”discontinuità”:
vettura di testa
testa di corteo
prendere la testa
Il catalogo messo a punto da Greimas mette in evidenza dei tratti comuni che compaiono all’interno del lessema testa in ogni contesto d’uso esaminato: ”estremità” e ”superatività” (superiorità o anteriorità); tali tratti comuni andranno dunque a definire il nucleo semicodel lessema considerato[7]; essi sono i costituenti invariabili del lessema.
Mentre il nucleo semico del lessema testa va a costituire l’insieme invariabile dei sèmi costitutivi, le variazioni di senso possono, invece, giungere solo dal contesto d’uso e dallo spazio testuale, che di volta in volta attiva percorsi di senso e quindi semi contestuali differenti.
Il contesto, e dunque il testo, è portatore delle variabili semiche le quali possono da sole render conto dei mutamenti degli effetti di sensoregistrati[8]. Al nucleo semico, abbastanza stabile e definito, si devono aggiungere i sèmi contestuali o ”accidentali” (classemi) che vanno a produrre ulteriori effetti semantici.
Semema e lessema, una definizione
Il semema ora si lascia perfettamente definire come la somma di un nucleo semico (invariabile) e di sèmi contestuali (effetti di senso); il semema è esso stesso un effetto di senso declinato da cotesto e contesto:
Sm = Ns + Cs
Il lessema, di conseguenza, appare come un insieme di possibili percorsi semici, o effetti di senso, e che pertanto può produrre solo sememi particolari[9]; il semema è la realizzazione particolare (Entelécheia) di una delle tante possibilità di senso contenute nel lessema.
Nel suo stato virtuale il lessema può essere concepito come una voce dizionariale che racchiude in sé un insieme di possibili percorsi semici e discorsivi (Dynamis); ma il lessema si realizza necessariamente all’interno di un contesto testuale e discorsivo, ove il suo nucleo semico (teoricamente invariabile), immettendosi all’interno di un enunciato, raccoglie intorno a sé i classemi che gli consentono di costituirsi in quanto semema contingentemente determinato (attuato), attivando di tal guisa dei veri e propri percorsi di senso tutti potenzialmente contenuti all’interno del lessema dizionariale (virtuale).
La lettura dell’intero testo d’appartenenza è l’unico rimedio nei confronti di possibili ambiguità degli enunciati, il lessema va allora concepito come un modello virtuale della significazione che si realizza sotto forma di sememi[10].
Se risulta a questo punto impossibile trovare inventari di sèmi limitati numericamente a causa delle molteplici ed indefinite possibilità di realizzazione all’interno di un testo di un determinato lessema, che altro non è se non una pura potenzialità di realizzazione semica.
Allora bisogna rinunciare a tale proposito, tentando di rivolgere la propria attenzione non sulle unità minime di significato bensì alle macrostrutture semantiche che costituiscono di volta in volta un testo, e partendo da tali universali semantici ed immanenti risalire in superficie sino alla realizzazione empirica del segno stesso.
L’idea ed il metodo suggerito da Greimas nell’analisi semantica di un testo è quella di individuare innanzi tutto a livello profondo le strutture semantiche più generali da cui prendono vita le singole manifestazioni semantiche dei segni; quei sistemi soggiacenti che permettono al segno di significare, e cioè pre-determinano le attuazioni e gli effetti di senso da conferire di volta in volta ai lessemi.
Si configura così un sistema semantico che lavora per gradi di profondità e tra i diversi livelli si pone un meccanismo di generatività; si pensa a delle strutture portanti dalle quali progressivamente vengono generati livelli sempre più espliciti e superficiali di significato secondo regole di conversione[11].
Per questo la teoria di Greimas basata su Hjelmslev viene spesso indicata e definita come una teoria della ”generazione di senso” poiché dal livello profondo derivano dei significati portanti il testo che man mano si realizzano mediante strutture semantico-sintattiche di superficie, per poi da ultimo passare al livello discorsivo e manifesto che è il testo stesso così come si presenta empiricamente.
Articolo di
Claudio O. Menafra
[1] HJELMSLEV, LOUIS, I fondamenti della teoria del linguaggio, Einaudi, Torino, 1968.
[2] TRAINI, STEFANO, Le due vie della semiotica: Teorie strutturali e interpretative, Bompiani, 2005, p. 51.
3 Il segno linguistico ricava il suoi significati ex negativo, nella collocazione sintagmatica con altri segni.
[5] Potremmo definire i semi nucleari come ”predicati essenziali” di un lessema, ed i classemi come ”predicati accidentali”.
[6] GREIMAS, ALGIRDAS, JULIEN, Sémantique structurale, Paris: Presses universitaires de France, 1986 [1966].
[7] TRAINI, STEFANO, Le due vie della semiotica: Teorie strutturali e interpretative, Bompiani, 2005, p. 52.
[9] GREIMAS, ALGIRDAS E COURTÉS, Semiotica. Dizionario ragionato della teoria del linguaggio, Mondadori, 2011.
[10]TRAINI, STEFANO, Le due vie della semiotica: Teorie strutturali e interpretative, Bompiani, 2005, p. 52.