Privacy Policy Come si arriva a parlare di Musical? Parte II - The Serendipity Periodical
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Come si arriva a parlare di Musical? Parte II

Dall’Inghilterra arriva, seppur solo per un trentennio, l’Edwardian Music Comedy.

George Edwardes, produttore Inglese riprende la scia della comic opera e il burlesque.

La unisce a elementi moderni, canzoni popolari, plot romantici. Le ballerine provocanti del burlesque furono sostituite da ballerine ben vestite e di classe, le Gaiety Girls, da cui l’omonimo musical del 1893, A Gaiety Girl delineò le linee guida per il trentennio successivo con il genere, che l’America non si lasciò sfuggire e ne approfittò per spazzare via quello che rimaneva delle operette e l’opera comica. Ricordiamo il successo del 1896, di The Geisha, portato in scena per oltre due anni. Nel 1898 The Belle of New York è  il primo musical che rimane per oltre un anno nei teatri londinesi. Dall’altra parte, l’anno successivo, è il musical inglese Florodora (1899) ad accrescere in popolarità, sebbene in un primo momento fu considerato “troppo britannico”.

Siamo nel XX secolo, finalmente, e il musical ha un terreno fertile attorno a sé. Può attingere dai più svariati generi teatrali del periodo, miscelare a suo piacere musica, commedia, danza, varietà, burlesque, arte circense e chi più ne ha, più ne metta. Ogni elemento spettacolare è ben accetto, e anzi, preferito al dialogo statico; l’immigrazione negli Stati Uniti da parte di popolazioni che non parlano inglese, predilige lo spettacolo che utilizzi altri tipi di linguaggi per tenere vivo l’interesse dello spettatore.

In aggiunta, qualche anno dopo, a ridosso della prima guerra mondiale, anche tanti librettisti e compositori si trasferirono negli Stati Uniti perché le loro opere potessero beneficiare del clima di creatività che si respirava nelle strade di New York. Da loro arriverà la distinzione tra il mestiere di librettista –Book– e quello di autore delle canzoni –Lyrics.

Ormai la tradizione artistica musicale non aveva che da fare spazio a questo filone che stava diventando sempre più esteso

A inizio secolo Frank L. Baum scrisse il libretto e le canzoni della versione musical del libro per bambini The Wizard of Oz –293 repliche. Le clownerie acrobatiche dell’uomo di latta David Montgomery and dello spaventapasseri Fred Stone non solo li portarono tra le stele di Broadway, ma ispirarono la produzione per bambini. il Mago di Oz fu uno spettacolo la cui fama lo portò a girare per i teatri americani per anni e a incassare milioni di dollari.

Nel 1901, la personalità forte ed eccentrica di George M. Cohan, figlio d’arte di attori irlandesi di Vaudevilles, portò in scena il suo primo musical The Governor’s Son, seguito da Running For Office due anni dopo, entrambi considerati fallimentari, ma con il terzo tentativo, del 1904 Little Johnny Jones, furono gettate le basi per una brillante carriera che lo porterà a essere considerato l’uomo che conquistò Broadway:

“George is not the best actor or author or composer or dancer or playwright. But he can dance better than any author, compose better than any manager, and manage better than any playwright. And that makes him a very great man.”

Successivamente l’apertura del New Amsterdam Theatre di New York, diede modo a impresari teatrali come Florence Ziegfeld, che divenne una leggenda, di mettere in piedi una serie di spettacoli che chiamò le Follies ispirate alle Folies Bergere francesi caratterizzati da danze, canti e una schiera di signorine vestite in maniera provocante, che furono appellate come le Chorus Girls. Il tono delle Follies è sì sexy, ma mai esagerato. Nel 1907 divennero praticamente un evento annuale a cui tutti partecipavano con piacere. Le Girlie non risultavano volgari, anzi, erano apprezzate tanto dalle mogli, quanto dai mariti della società rispettabile newyorkese.

Si standardizza anche un formato unico per la canzone

in linea di massima adattabile a tutta la produzione popolare del periodo:

lo schema AABA, a cui le orecchie americane erano già avvezze a causa degli inni religiosi. Questa linea guida generale cambierà intorno agli anni ’60 quando si amplierà la produzione dei tipi di musical; si pensi che il musical rock/hard rock segue uno schema AAAA.

La maggioranza delle canzoni è composta da Verso, che contiene le premesse della canzone e Coro/Ritornello che è invece il fulcro centrale del brano. Dal 1900 la composizione AABA è così descritta:

  • A è la melodia principale, idealmente ripetuta tre volte così che la sua ridondanza la mantenga impressa nella mente di chi è in ascolto.
  • B è il bridge, idealmente più in contrasto possibile con A

Questo schema facilita tanto il pubblico ad abituarsi alla sonorità lineare della canzone, quanto i compositori ad avere una linea guida per lo sviluppo degli elementi musicali e relativi alla storia da inserire nella canzone.

La linea guida dell’happy ending

l’atmosfera gioiosa e favolistica, vengono scosse da un compositore statunitense, Jerome Kern, che iniziò a produrre musical da uno stampo più realistico, più contemporaneo, inserendo tra i vari elementi musicali, anche musiche provenienti dal genere Afro-americano Blues originario dalle canzoni che gli schiavi neri cantavano mentre venivano sfruttati nelle piantagioni, e dal Jazz, l’arricchimento del Blues con musiche, assoli e altre armonie che si sviluppò subito prima della prima guerra mondiale.

Insieme a Guy Bolton, compositore anglo-americano, Kern adattò per il The Princess Theatre Musicals l’operetta londinese Mr. Popple of Ippleton messa in scena con il nome di Nobody Home nel 1915. Non ebbe un estremo successo, ma motivò abbastanza il duo da riprovarci con Very Good Eddie nello stesso anno, che ebbe un grande successo –341 repliche:

“With little or no space separating the players from the audience, Very Good Eddie depended upon the ease and credibility of the acting and characterization. Scarcely any previous musical comedy had been favored with a plot and dialogue so coherent, so nearly related to those of well-written  non-musical plays.”

Come insegna la storia, nel 1915 scoppia la prima Guerra mondiale, e l’America fa il suo gioco accanto alle alleate Francia e Inghilterra, contro L’Austria e la Germania solo nel 1917. Molti dei produttori, attori, ballerini e cantanti abituati fino ad allora all’esplosività di una realtà fatta di ginocchia sbucciate, glitter, successi, applausi e insuccessi, vanno di nuovo in scena, questa volta sul fronte militare.

Alcuni aiutano da casa, lavorando per finanziare le forze armate americane, altri, invece, direttamente sul campo. Non tutti fanno ritorno, come il ballerino Vernon Castle, che verrà omaggiato nel 1939 dal regista H.C. Potter, che produrrà con la RKO, stessa casa di produzione di The Rocky Horror Picture Showil film The Story of Vernon and Irene Castle, scritto dalla stessa Irene, i cui protagonisti saranno i ballerini Fred Astaire e Ginger Rogers. Ma di questo parleremo dopo.

La prima produzione memorabile del primo dopoguerra fu Irene,

Una sorta di Cenerentola che diventa una modella e trova l’amore in un milinario, ma con un plot-twist. Il milionario, paradossalmente, deve conquistare la madre di Irene, la quale ha pregiudizi nei suoi confronti a causa della sua condizione economica agiata. Il realismo di Irene, perfettamente in linea con gli ideali del Princess Theatre, con le sue 630 repliche batte ogni record. Grazie alla sua energia fresca che si bilancia perfettamente con la carica sentimentale del musical, dà agli americani quella ventata di freschezza necessaria dopo un periodo così buio.

Si conia negli anni ’20 il concetto di The Gay Nineties –o Naughty Nineties, in Inghilterra– sulla scia nostalgica lasciata dal produttore Inglese George Edwardes, di cui si è parlato precedentemente. L’accezione del termine non è quella che al momento storico attuale ci verrebbe in mente, non si parla di omosessualità qui, non ancora, almeno, bensì di un periodo storico, l’ultimo decennio dell’800, che dopo la guerra, la febbre e le perdite subite dall’America, è percepito come un vecchio amico che non si incontra da troppo tempo, ma che si ricorda per la serenità che lasciava.

Questo termine non fu solo commemorativo

tra gli anni ’20-’40 del ‘900, le strutture dei Gay Nineties vennero prese in considerazione e rielaborate nella genesi del musical cinematografico, parliamo anche di quelli che la storia conosce come i Roaring Twenties. 

Ci si riferisce con questo termine al decennio 1919-1929 in cui l’America si risolleva dalla depressione del dopoguerra e inizia un percorso di sperimentazione. Non se ne parla solo per riferirsi agli sviluppi del musical, che ci sono, ma è un periodo che si espande a macchia d’olio sulla politica, la cultura, il progresso scientifico, le invenzioni.

Questi anni non sono importanti solo per l’avvento del cinema, della televisione o del Jazz, ma anche dello sviluppo dell’automobile, della radio, l’avvento del sonoro, la scoperta della penicillina, il movimento delle suffragette, il surrealismo e l’espressionismo come movimenti artistici, l’omosessualità, la psicoanalisi, ovviamente la letteratura, e una lista che potrebbe continuare quasi all’infinito.

Quello che avviene è un’esplosione di sperimentazioni, lotte, scoperte che risollevarono l’America, e una parte del mondo rimasta battuta e abbattuta dalla guerra.

Le produzioni di musical del periodo: leggere e divertenti

Si parla di SallyLady Be GoodNo, No, NanetteOh, Kay! , Funny Face, e tra i protagonisti troviamo il nome di Marilyn Miller e Fred Astaire. Gli straordinari Ziegfeld Follies continuano a far parlare di loro; anche il valore economico della cultura del musical va ad aumentare. Da Londra arrivano ancora compositori di una certa popolarità, come Ivor Novello, ma i teatri britannici, volenti o nolenti, stavano lentamente ma inevitabilmente venendo sopraffatti dalle innovazioni provenienti dall’America; gli stili musicali si rinfrescano, ad esempio, delle melodie jazz e rag.

Nel 1926, con il già citato avvento del sonoro, dovuto al brevetto Vitaphone si gettano le basi per una nuova svolta nella storia del musical che si avrà nel 1957 con West Side Story, quando il musical cinematografico prende sotto braccio quello teatrale, e insieme i due proseguono di pari passo nello sviluppo del genere.

 

Articolo di

Martina Russo

 

 

 

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