Il Dadaismo in Svizzera durante la Prima Guerra Mondiale
Il 28 giugno del 1914 l’erede al trono austriaco Francesco Ferdinando e sua moglie furono assassinati a Sarajevo da un gruppo di nazionalisti serbi. Un mese dopo l’impero austro-ungarico dichiarò guerra alla Serbia, dando inizio alla Prima Guerra Mondiale: il conflitto vide lo schierarsi degli Imperi centrali (Impero tedesco, Impero ottomano e Impero austro-ungarico) contro gli Alleati (Francia, Regno Unito, Impero russo e Italia). La guerra si concluse nel 1918 quando l’Impero tedesco, ultimo a capitolare, decise di firmare l’armistizio imposto dagli Alleati. Poco dopo la dichiarazione di guerra, il 3 agosto, la Svizzera annunciò la sua neutralità, ma nonostante questo gli effetti della guerra si fecero in ogni caso sentire sul suo territorio; infatti la Confederazione Svizzera era divisa tra chi simpatizzava con la Francia e chi con l’Impero germanico.
Zurigo come “porto sicuro”
Con lo scoppio della guerra la capitale svizzera Zurigo divenne un “porto” sicuro per esuli di tutte le nazioni. Divenne il centro di un immenso scambio culturale, grazie al grande esodo di artisti, letterati e quant’altro. Infatti intorno al 1915-1916 le prime manifestazioni del movimento d’avanguardia dada iniziano ad essere presenti. Parlando di movimenti d’avanguardia in ambito artistico e letterario ci si riferisce a correnti che hanno in qualche modo lasciato un segno, diffondendo una nuova concezione di arte e di vita, che si poneva in contrasto con tutte le norme tradizionali in cui si era creduto fino ad allora.
L’avanguardia nasce a causa dell’insofferenza radicale dell’artista: egli comprende e realizza la vera natura della società, la quale mercifica l’arte e l’artista stesso. Scopo delle avanguardie è quindi quello di opporsi alla società borghese e a queste tendenze; ciò avviene attraverso varie metodologie, partendo dal rifiuto dei canoni tradizionali fino a predicare un’anarchia a livello politico. I primi movimenti d’avanguardia sorgono nel Novecento, e tra questi spiccano l’espressionismo, il futurismo, il surrealismo e il già nominato dadaismo.
Lo sviluppo del Dadaismo
Il Dadaismo si sviluppò grazie all’intervento di alcuni artisti provenienti da ogni parte d’Europa, che rifugiatosi a Zurigo cercarono di dare vita alla propria arte nonostante la guerra che li circondava: lo scrittore tedesco Hugo Ball, il poeta rumeno Tristan Tzara insieme al pittore anch’egli rumeno Marcel Janco, il tedesco Richard Hülsenbeck e il pittore Hans Arp. Nell’anno del loro primo incontro erano tutti ragazzi di giovane età, tra i 20 e i 30 anni. Insieme a loro operarono anche svariati altri artisti, tra cui la compagna dello stesso Ball, Emmy Hennings e il pittore russo Vasilij Kandinskij. La migliore testimonianza di tali esperienze la troviamo nel Diario di Hugo Ball, pubblicato con il nome Die Flucht aus der Zeit (Fuga dal tempo), il quale non solo ci racconta nel dettaglio l’avvento del dadaismo e la fondazione nel 1916 del Cabaret Voltaire ma ci offre anche uno scorcio significativo sulla personalità dello scrittore tedesco e dell’artista in generale, costretto ad un eterno conflitto con la società del proprio tempo che tende ad annullare le sue capacità attraverso lo sterminio e la guerra.
Così Ball scrive sul suo Diario: “Il nostro Cabaret è un gesto.
Ogni parola, detta e cantata qui, comunica una cosa: che questo tempo umiliante non è riuscito ad ottenere il nostro rispetto. E cosa avrebbe di rispettabile ed autorevole? I suoi cannoni? La nostra grancassa li soverchia. […] Le grandiose sagre della macellazione e le cannibalistiche imprese eroiche? La nostra volontaria stoltezza, il nostro entusiasmo per l’illusione le distruggeranno”[1]. Queste parole paiono riassumere il cuore del pensiero del Cabaret: controbattere alla guerra e alla società, facendo ancora più rumore. Leggendo quanto Ball ha scritto nei suoi diari avvertiamo il profondo disagio esistenziale dell’artista, il quale “combatte contro l’agonia e il delirio di morte del proprio tempo”: la guerra opprime l’animo dell’artista, costringendolo a fuggire dalla propria casa per cercare altrove serenità e tranquillità, o quantomeno una situazione che gli permetta di sopravvivere.
Ma nonostante la guerra tocchi la Svizzera soltanto marginalmente,
il malessere psicologico e l’oppressione rimangono, facendo così sentire l’esule sempre fuori posto e colpevole di non aver servito la patria nel “modo giusto”. Le soirées del Cabaret erano per Ball e i suoi compagni d’avventura sfoghi spontanei con i quali mostrare la propria vitalità, a dispetto di un tempo che invece chiedeva al cittadino di asservirsi totalmente al servizio della guerra. Tra le ultime pagine del diario Hugo Ball manifesta ancora una volta il disagio che lo ha accompagnato per tutta la vita con queste parole: “A capire questo tempo ci ho provato in tutti i modi, con l’unico risultato di rimetterci anche la salute”.
Note:
[1] Hugo Ball, Fuga dal tempo, Mimesis Edizioni, Milano 2016, p. 133.
Bibliografia:
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Articolo scritto da,
Marta Mazzocchi
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