Migrazioni tra nostalgia e desiderio: Rafik Schami
-L’ articolo qui tradotto è l’ incipit del romanzo Die Sehnsucht der Schwalbe dell’ autore germanofono, ma di origini siriane, Rafik Schami-
Rafik Schami è uno degli autori di lingua tedesca più letti e tradotti in epoca contemporanea. Nasce a Damasco nel 1946 e dal 1971 si trasferisce in Germania. Nella città di Heidelberg intraprende gli studi di Chimica che si concluderanno con un dottorato di ricerca. In seguito dal 1982 inizia la sua attività di scrittore di romanzi.
Il romanzo in questione ci pone problemi di natura traduttiva già nel titolo
Il termine Sehnsucht indica in tedesco un sentimento ambivalente teso fra nostalgia, ardore e desiderio. Inoltre il termine è strettamente legato alla tradizione letteraria del romanticismo tedesco. Questa Sehnsucht nel romanzo è il sentimento associabile allo stato d’ animo del protagonista che vive la propria infanzia e adolescenza in Siria, ma dopo il primo viaggio a Francoforte sul Meno, inizia a fare la spola fra Germania e Siria, senza riuscire mai a scegliere. E quindi come una rondine, Schwalbe, migra incessantemente dalla terra natia alla terra straniera per nostalgia, ma anche per desiderio ardente di qualcosa che cerca e trova in entrambi i mondi.
Il romanzo si sviluppa su due aree geografiche distinte e lontane: il vicino oriente, per usare un calco dal tedesco, e l’ Europa, la Siria e la Germania, Damasco e Francoforte.
L’ incipit, invece, si concentra su un paesino dell’ entroterra siriano in cui si svolge un matrimonio, il cui banchetto costituirà la cornice del romanzo.
Come si supera la noia a Tunbaki.
Il mattino estivo dispiegava rumori e profumi nel paese di Tunbaki. Un gallo al bordo della strada, imbattutosi in un paio di chicchi di grano, agitato richiamò a sé gli altri polli. Non appena un rivale decise di oltrepassare la strada seguendo i polli, il gallo si drizzò in piedi e allargò le ali, fece un giro intorno a sé e fece solo un paio di passi verso il rivale. Ciò bastò a metterlo in fuga. Si compiaceva della facile vittoria pavoneggiandosi sull’ asfalto della strada di campagna che porta al paese, e cantò. Su Tunbaki in questi giorni l’ aria è piena dell’ odore aromatico delle foglie di tabacco che ovunque pendono secche. Infatti il paese di settecento anime vive da secoli della produzione di tabacco.
Tuttavia i tempi sono peggiorati.
Di solo tabacco non può più vivere nessuno. Quasi ogni famiglia ha un figlio che lavora nei paesi del Golfo e manda i soldi a casa. Lo si nota già passando per Tunbaki. Tutte le case, pagate dagli emigrati, sono una sorta di perenni lavori in corso, piani di case quasi finite, rivestite con listelli di legno, con tetti di cemento grezzo. A volte ci sono case finite alle quali mancano solo finestre e porte. Aspettano il prossimo bonifico dal Golfo. Il paese di Tunbaki non è stato proprio benedetto con una natura rigogliosa. E gli scheletri di queste costruzioni di cemento quasi finite, a prima impressione, lo fanno apparire come un paese distrutto dalla guerra. Turisti e vacanzieri raramente sbagliano strada e capitano da quelle parti. Da straniero ci si chiede perché i primi coloni furono così stupidi da scegliere questa verde landa desolata invece di migrare trenta chilometri più a ovest e stanziarsi sulla pittoresca costa del mediterraneo. Così si farebbe un torto agli antenati. Nessuno di loro aveva scelto volontariamente questa noiosa località. Un latifondista, risiedente lui stesso sulla costa, dopo una battaglia con un suo rivale aveva conquistato la fertile zona e aveva portato lì i suoi schiavi affinché coltivassero tabacco per lui. Ma quando il Paese divenne una Repubblica e la schiavitù venne abolita scomparve il proprietario, ma i coltivatori rimasero. Coltivano ancora tabacco che viene unicamente esportato in Olanda per essere lì rivenduto ad un alto prezzo come tabacco di prima classe per pipe.
Intorno alle 10 i primi ospiti varcarono la soglia di una casa sulla piazza del paese,
il cui secondo piano era ancora fatto di pilastri di cemento, dai quali sporgevano sbarre di ferro arrugginite. Affinché nessuno perdesse la prima parte del matrimonio, si era fissato l’ inizio ufficiale dei festeggiamenti per il pomeriggio, la cerimonia in chiesa. Una parte del vicinato e degli amici abitava vicino Damasco, altri ad Aleppo. Due zie venivano addirittura da Beirut, la capitale libanese. Casa Hasbani era una famiglia potente che da oltre cinquant’ anni occupava la carica di Anziano del paese. Questa carica, che andava sempre di padre in figlio, era considerata in paese un grande onore. Lo stato aveva comunque soppresso la carica tradizionale sostituendola con un sindaco ufficiale. Comunque oltre ai timbri per documenti inutili il rappresentante del governo nel paese non aveva alcuna voce in capitolo. Lo chiamavano “L’uomo dei timbri”, al contrario il capostipite della famiglia Hasbani andava ancora fiero del suo titolo di “Anziano del paese”. Mediava i conflitti o regolava la compravendita di appezzamenti di terreno. Entrava in scena soprattutto come giudice in contese spinose, riguardanti cruente faide familiari, frode, affari di contrabbando, dalle quali si voleva tener fuori lo Stato. Anche l’ attuale capostipite della famiglia, il vecchio Hasbani, che come tutti gli altri contadini piantava tabacco, aveva il controllo in paese. Il suo unico figlio Ramsi, per il quale in tabacco rendeva troppo poco e non attribuiva alcun valore all’ ormai fuori moda carica di Anziano del paese, era emigrato in Arabia Saudita subito dopo il diploma e lì con fortuna e caparbietà, caratteristiche proprie di questa famiglia, aveva ottenuto una buona posizione in una compagnia petrolifera americana.
Allora la famiglia Hasbani celebrava il matrimonio di questo figlio.
I genitori avevano scelto per lui Nasibe, la figlia del fornaio del paese Salman. Aveva appena sedici anni. Ma era ritenuta garbata e bella, perciò molti uomini infatuati la tenevano d’ occhio. Parecchi padri di famiglia avevano fatto visita al fornaio con la speranza di poter camminare a testa alta nel peese con Nasibe come nuora. Salman, il fornaio, era povero e fino ad allora aveva dovuto lavorare giorno e notte con sua moglie, suo figlio Barakat e sua figlia Nasibe per poter vivere del minuscolo panificio. I due negozi di alimentari del paese gli rendevano la vita difficile vendendo pane a basso prezzo del panificio industriale lì vicino. Salman, un furbacchione, ha fiutato nelle innumerevoli richieste per la mano della figlia l’ opportunità di raggiungere un po’ di agiatezza e aveva esaminato ogni richiesta in previsione di un guadagno futuro. Nessuna meraviglia che alla fine abbia scelto Ramsi, che seppure avesse quindici anni in più rispetto a sua figlia, aveva un padre che era il più stimato in paese. È pur certo che i cristiani non conoscono nessun tipo matrimonio di comodo e ciò che i due capifamiglia avevano concordato non lo sapeva nessuno, neppure le consorti. Poco dopo che il fornaio aveva reso noto il fidanzamento di sua figlia con Ramsi Hasbani, arricchitosi in terra straniera, e avevano fissato il giorno delle nozze i due negozi di alimentari non vendettero più pane. Ebbene sì, da quel giorno entrambi i commercianti compravano persino il pane per loro stessi dal fornaio Salman, che da allora si pavoneggiava in giro per il paese.
Sua figlia Nasibe non avrebbe mai più dovuto lavorare nel forno.
Lei è, così disse il padre, la futura moglie di un importante dipendente che lavora per gli americani. Perciò Nasibe aveva ricevuto dai futuri e ricchi suoceri una montagna di bei vestiti e conduceva adesso una vita agiata di cui tutte le sue coetanee erano invidiose. Sua madre aveva abbandonato presto le prime incertezze e si era subito conciliata con la speranza che una figlia agiata non avrebbe mai lasciato che la madre patisse la fame. Che bello che adesso potevano contare sui potenti Hasbani e nessuno avrebbe potuto fargli nulla. Lo notò già nel cambiamento di comportamento dei due poliziotti del paese, che prima ricattavano suo marito e quasi ogni giorno lo portavano alla disperazione con inutili multe. Dal fidanzamento in poi i due farabutti facevano il giro lungo intorno al forno come se fosse in quarantena per una malattia contagiosa. Le loro mogli andavano a prendere la razione quotidiana di pane con gli occhi bassi, pagavano il giusto e non si lamentavano se Salman per dispetto dava loro il pane peggiore. Solo il fratello Barakat era contro l’ unione fra Ramsi e Nasibe. Barakat già da piccolo non sopportava la famiglia Hasbani e accusava il padre di aver venduto sua figlia agli Hasbani. Barakat sapeva che alla sorella, tre anni più piccola di lui, piaceva l’insignificante Farid, il figlio del vicino di casa. Era un anno più piccolo di lei e aveva una voce meravigliosa. Ma i suoi genitori erano poverissimi. A Barakat piaceva il ragazzo e notava quanto soffrisse adesso che Nasibe non solo stava per sposare un altro uomo, ma se ne sarebbe anche andata in Arabia Saudita.
Avevano litigato per giorni interi,
ma da quando la sorella si mise a piangere rimproverandolo di non essere felice per la fortuna che le era capitata, di avere un uomo al suo fianco, Barakat, che comunque era sempre timido e taciturno, tacque. Si doveva fare una festa chiassosa. Un cantante e due cuochi della vicina città di Latakia si sarebbero occupati del benessere degli ospiti. Il padre dello sposo aveva annunciato ovunque il matrimonio e la gente venne a frotte. Poco prima delle 11 arrivò a Tunbaki fra terribili suoni di clacson il Bus da Damasco. L’ autista si diresse direttamente verso casa degli Hasbani e si fermò proprio all’ ingresso quasi volesse concedere ai suoi passeggeri, quasi tutti diretti al matrimonio, ogni comodità dopo il terribile viaggio sull’ autostrada e le serpentine a rotta di collo che salgono su fino al paese. Lutfi scese frastornato, maledicendo in cuor suo l’ autista che per trecento chilometri gli aveva mostrato tutto ciò che di sbagliato si può fare quando si guida. Lutfi si guardò intorno. E in quell’esatto momento gli venne in mente che non aveva confidenza con questa vita di provincia. Era quello nato in città. Si girò e vide Barakat, un suo quasi coetaneo, che proprio in quel momento stava trascinando in casa un tavolo troppo grande attraverso una porta troppo piccola.
Articolo di
Benedetta Cirone
Bibliografia:
- Rafik Schami, 2002, Die Sehnsucht der Schwalbe, München, DTV
- Böhmer Maria, 2009, Liberamente– Letteralmente Sinngemäß, Roma, Bulzoni editore
- Arduini Stefano, Ubaldo Stecconi, 2007, Manuale di traduzione, teorie e figure professionali, Roma, Carrocci editore
- Il garzantino della lingua tedesca, 2010, Garzanti